Troppi clandestini liberati

Migranti, blitz del centrodestra: la mossa per salvare il piano Albania

Giovanni M. Jacobazzi

La sezione specializzata in materia di «diritti alla persona ed immigrazione» del tribunale di Roma, celebre per bocciare puntualmente tutti i provvedimenti del governo, non si occuperà più della convalida dei trattenimenti disposti dal questore nei confronti dei migranti che hanno fatto domanda d’asilo in attesa della verifica del possesso dei previsti requisiti. È quanto prevede un emendamento al decreto “Paesi sicuri” che corregge anche l’errore di aver accentrato al tribunale di Roma tutti i ricorsi dei migranti destinati ai centri per il rimpatrio in Albania.

«Se il trattenimento è disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale sulla convalida è competente la Corte d'appello, in composizione monocratica, e non più il tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea», si legge nell’emendamento presentato ieri dalla deputata Sara Kelany (FdI), relatrice del decreto in Commissione affari costituzionali della Camera.

 

Con tale emendamento, oltre quindi a evitare una anomala concentrazione di potere in mano ad una decina di magistrati, si mette la parola fine a quella che era di fatto una battaglia della sezione immigrazione del tribunale di Roma nei confronti delle politiche sul contrasto all’immigrazione clandestina da parte del governo di Giorgia Meloni.

L’esecutivo aveva più volte messo un punto fermo circa i Paesi di origine “sicuri" per i quali poteva essere derogata la procedura ordinaria di richiesta di asilo e adottata la procedura accelerata, inserendovi anche l’Egitto. Dal Paese nordafricano, meta gettonatissima per le prossime vacanze di Natale per migliaia di connazionali, provengono infatti la maggior parte dei migranti che poi fanno domanda d’asilo. L’Egitto, come ricordato dalla Farnesina, è un Paese invece in cui non ci sono atti di persecuzione né tortura, o forme di pena o trattamento inumano e degradante. E ciò rende così infondate le richieste di protezione internazionale degli egiziani che arrivano in Italia.

La sezione immigrazione del tribunale di Roma, invece, spalleggiata da una surreale sentenza della Corte dell’Unione europea aveva deciso di andare contro tali indicazioni. Nel mondo, secondo i giudici di Lussemburgo, non esistono infatti Paesi sicuri: è sufficiente che in qualche parte del loro territorio vengano compiute “discriminazioni" o “violazioni di diritti” per far scattare il diritto d’asilo. Come detto, il legislatore aveva inizialmente stabilito che tali ricorsi fossero incardinati tutti a Roma, ufficio noto per la giurisprudenza “estensiva” e dove presta servizio la giudice Silvia Albano, presidente nazionale di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe che proprio sui migranti conduce da tempo battaglie ideologiche.

«La modifica proposta potrebbe avere una sua astratta plausibilità per risolvere i contrasti giurisprudenziali emersi nei giorni scorsi», ha dichiarato il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama. «Nei prossimi giorni ci confronteremo con il ministro della Giustizia Carlo Nordio e sicuramente individueremo la soluzione più idonea», ha poi fatto sapere Zanettin. Diversi - ovviamente - i commenti delle opposizioni. Per il Pd tale modifica della norma sarebbe addirittura una «vendetta» nei confronti di chi «non ha piegato la testa di fronte alle forzature volute della presidente del Consiglio sui fallimentari centri in Albania».

«Per farlo viene tolta la competenza a chi è più competente in materia», aggiungono dal Pd, dimenticando però che la sezione di Roma ha competenze quanto mai variegate, spaziando dal diritto d'asilo dei migranti alle diffamazioni a mezzo stampa dei giornalisti. Per il segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati Salvatore Casciaro, infine, tali modifiche sono in grado «di ingolfare gli ingranaggi della macchina della giustizia alimentando, in tempi di Pnrr, nuovo rilevante contenzioso per le Corti d'appello, già - come noto oltremodo oberate».