Il reportage
Tensione paura e minacce: la lunga notte del capotreno
«Buonasera, mi fate vedere il biglietto per cortesia?». Loro - sono quasi sempre in gruppetti, solitamente nordafricani e vestiti bene - sorridono amichevolmente al capotreno e, in un buon italiano e con tono di voce pacato, prendono tempo con un «Sì, ora lo cerco», «Un attimo», «Ecco, dovrei averlo qui». Poi, fingendo sorpresa e di non capire, si aggrappano alle scuse più banali, ma anche a quelle più assurde, per spiegare che «Non ce l’ho perché non ho trovato la macchinetta», «L’ho perso proprio mentre salivo», «Siamo in due ma ne abbiamo solo uno di andata e ritorno: va bene lo stesso, no?».
A quel punto, quando il ferroviere dimostra fermezza, inizia la fase di trattativa sulla multa («Ho solo queste monetine, bastano?») e, piano piano, i toni si alzano in un crescendo che non si sa mai fin dove possa arrivare. La voce pacata diventa sostenuta, poi aggressiva e infine minacciosa con urla in francese o inglese e, nei casi più violenti - e sono tantissimi, purtroppo -, con sputi, spintoni, gomitate, schiaffi o addirittura coltellate.
Come è successo in Liguria una settimana fa (tra Genova Brignole e Busalla: un ferroviere è stato ferito con un fendente da un 21enne egiziano e portato in ospedale in codice rosso) o a Pavia lo scorso venerdì (sulla Milano-Mortara: una dipendente delle Ferrovie è stata presa a schiaffi). Una costante, un problema quotidiano in continuo aumento (dall’inizio dell’anno si sono registrati ufficialmente 44 casi di aggressione al personale di Trenord, ma gli episodi sono molti di più perché non sempre viene sporta denuncia) che mette i responsabili delle vetture a rischio ogni volta che chiedono un tagliando («Non esiste una tratta più pericolosa o un orario preciso in cui c’è maggiore violenza, è tutto random», spiega Christian Colmegna, segretario regionale della Fit-Cisl Lombardia). Basta farsi un giro sulle carrozze per capire che la situazione è ormai davvero insopportabile. Insostenibile.
NON PIÙ IN COPPIA
Noi l’abbiamo fatto (da Milano a Lecco, da Lecco a Bergamo, da Bergamo a Treviglio e da Treviglio a Milano con l’ultimo passante delle 23), affiancando i capotreni del turno notturno, e il quadro che ne esce è desolante, oltre che terrificante. Balordi, tossici, gruppi di minorenni arroganti, stranieri pronti alla provocazione e alla rissa: viaggiare quando c’è buio e ci sono pochi passeggeri è un incubo per tutti. E un inferno per chi sta lavorando.
Via, si parte. Sabato sera, stazione Centrale di Milano, il regionale per Lecco è affollato e la prima sorpresa è che a gestire la corsa c’è una sola persona. «Un tempo si controllavano i biglietti in coppia e questo serviva da deterrente - racconta il capotreno -, ma sono ormai anni che facciamo tutto singolarmente. In 20 anni ne ho viste di ogni tipo e la situazione è nettamente peggiorata. Le minacce di morte? Ormai ho perso il conto. A dare fastidio sono soprattutto immigrati e ragazzini delle nuove generazioni, spavaldi e strafottenti. Ogni momento può essere pericoloso. Ricorda l’aggressione col machete del 2015 a Villapizzone? Uno dei due, quello che per salvare la vita al collega ferito al braccio ha subìto una frattura composta alla testa, lavora con noi e adesso fa il macchinista. Se gli chiedete cosa è cambiato vi risponderà che a distanza di quasi 10 anni è tutto come prima». Il treno si muove, i passeggeri si guardano intorno con sospetto, ci sono ragazzini e pendolari, un giovane ha i piedi appoggiati sul sedile e li toglie sbuffando, un uomo non ha il biglietto, protesta, ma alla fine paga la multa senza reagire. E il capotreno tira un sospiro di sollievo.
L’arrivo a Lecco, però, è traumatico. I vagoni per Bergamo sono a un binario laterale, la stazione è buia e piena di africani che - teste nascoste dai cappucci delle felpe (sarà un costante della notte, quasi tutti si vestono così)- si aggirano a gruppetti, ti seguono a distanza, ti squadrano («Per limitare queste situazione Trenord ha assunto 200 persone che fanno filtro a terra- spiega il sindacalista Christian Colmegna - e fanno entrare solo chi ha i biglietti»). Si riparte e questa per Bergamo è una tratta più movimentata della precedente, ha più fermate e anche i passeggeri cambiano: c’è qualche turista che va all’aeroporto di Orio, ma soprattutto ci sono africani. Alla stazione di Calolziocorte ne sale uno vestito di rosso che lascia dietro di sé una scia inconfondibile di odore di marijuana. «Lo vediamo spesso - spiega il responsabile del convoglio - quasi sicuramente non ha il biglietto ma scende subito alla prossima. La verità è che io ho paura di tutti, indipendentemente da età o razza. Durante il Covid un sudamericano mi ha strappato la mascherina, qualche settimana fa un nero mi ha sputato in faccia e mi ha dato una gomitata, l’altro giorno un italiano in giacca e cravatta mi ha insultato. C’è di tutto, certo, ma sono gli stranieri quelli più aggressivi».
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Nemmeno il tempo di raccontarlo e inizia il controllo dei biglietti. E subito i primi guai. Un uomo e una donna africani sono seduti uno di fronte all’altra. Tuta, giaccone, scarpe da ginnastica, cappellino. Sono ben vestiti.
Lei sorride e mostra un biglietto di andata e ritorno facendo capire che è per entrambi: «Non l’ho usato stamattina per andare a Lecco perché mi hanno accompagnata in auto. Lo uso ora per due persone, io e il mio amico». Il capotreno spiega, gentilmente, che non è possibile. Lei si innervosisce, finge di non capire, prova a insistere, alza la voce e passa agli insulti, mentre l’amico viene fatto scendere alla stazione successiva. Al posto di fianco, dall’altra parte del corridoio, c’è un altro ragazzo africano. Racconta al dipendente delle Ferrovie che fa l’operaio e non ha il biglietto: «La macchinetta in stazione era rotta.
Non sono venuto da te perché non sapevo dove eri (la macchinetta era perfettamente funzionante e il capotreno era alla carrozza di testa come sempre ndr)». Il ferroviere dimostra buon senso. «Non le faccio la multa che sarebbero 50 euro. Le faccio pagare solo il sovrapprezzo per aver fatto il biglietto in viaggio. Sono 7 euro». Il ragazzo sventola 5 euro e inizia a trattare: «Ho solo questi, sono un operaio e non ho altri soldi, se vuoi ti faccio vedere la busta paga, non è giusto.
Prendi 5 euro e finisce qui». Continua, urla e quando capisce che non si può mercanteggiare butta addosso al ferroviere, a fregio, 20 euro stropicciati. «Tu applichi la legge, ma non hai umanità, fai cosi solo con noi africani», e poi passa all’inglese condendo improbabili giustificazioni a insulti e una serie di «fuck».
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CHI VA IN DISCO E I RIDER
Il treno raggiunge Bergamo che la serata è ormai a metà. La stazione, fino a quel momento semi deserta, si anima improvvisamente quando al binario esterno sta per partire un convoglio per Milano. A gruppetti arrivano tanti ragazzi giovanissimi di colore, eleganti, cappucci in testa e cuffiette perla musica. «Vanno a fare serata, in discoteca, al 90 per cento sono nordafricani», spiega il capotreno che poi saluta e fa partire il vagone con un fischio. Al binario di fianco c’è fermo, in attesa, un treno per Treviglio Centrale: tra i pochissimi passeggeri ci sono due rider di Glovo con le biciclette. «Abbiamo finito il turno di lavoro e ora torniamo casa in provincia», spiegano educatamente.
«È un classico di questi orari - spiega il controllore - molti ragazzi che fanno consegne in bici poi sfruttano il treno: non hanno mai il biglietto, ma c’è quasi un tacito accordo. A quest’ora non sempre lo chiediamo, anche per evitare situazione spiacevoli o di rischio agli altri passeggeri». A Treviglio poi, quando ormai sono le 23, parte l’ultima corsa per Milano, il passante. Ma non sale quasi nessuno. «I ragazzini che vanno a divertirsi ormai sono già andati. Di solito li ritroviamo al primo treno di ritorno alle 5 di mattina, ma non sono aggressivi: dormono oppure vomitano. A quest’ora comunque, per sicurezza, spieghiamo ai pochi viaggiatori presenti che possono venire sulla prima carrozza per non stare soli - dice il capotreno- Aggressioni a tarda notte? Purtroppo ne accadono, certo. I treni sono monitorati dalle videocamere, ma chi vuole fare casino se ne frega di essere riconosciuto. Ecco perché anche se ci dovessero dotare di bodycam non cambierebbe molto, anzi rischieremmo di aumentare l’aggressività».
Già, le bodycam sulla divisa. Sono una delle soluzioni che i sindacati e Trenord proporranno il prossimo 20 novembre nell’incontro per il protocollo sicurezza. «Si sta ragionando spiega ancora Christian Colmegna, segretario regionale della Fit-Cisl Lombardia - sulle videocamere e sull’introduzione di squadre di supporto al capotreno, strumenti che potrebbero avere un effetto dissuasivo.
Senza però poi dimenticare che gli assalitori troppo spesso restano impuniti. Ricordo un caso emblematico di un nostro collega che, dopo essere stato attaccato, ha rivisto lo stesso aggressore sul treno appena due ore dopo, subendo un altro assalto. Risultato: il capotreno è stato picchiato sia all’andata che al ritorno».