Il blitz di Aboubakar

Soumahoro, tour in Africa per la pensione ai migranti: si fa passare come "alto rappresentante dell'Italia"

Daniele Dell'Orco

 Nel Paese delle opportunità, l’Italia, quello in cui puoi diventare ciò che vuoi e più millanti e più riesci ad ottenere, Aboubakar Soumahoro ha scelto di fare l’attivista-star per la tutela dei migranti. E ci è riuscito. Mentre, carte giudiziarie alla mano, la cooperativa a conduzione familiare gestita da moglie e suocera, la Karibu, finiva sotto inchiesta per truffa perché quei migranti anziché tutelarli li sfruttava.

Poi si è messo in testa di diventare onorevole. E ci è riuscito. Vendendo fumo a due profili politici facilmente impressionabili come Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Siccome lo scandalo Karibu esplose quando li aveva già usati come navetta politica, i leader di Alleanza Verdi-Sinistra l’hanno cacciato a pedate. Ma lui non si è arreso. E ha scelto di reinventarsi ancora, come capo di un suo partito, “Italia Plurale”, che sembra tanto uno di quegli improbabili circoli che fanno capo a qualche liceale sfigatino ed emarginato che ne risulta fondatore e unico iscritto. Chessò, il club dell’origami, o della penna quattrocolori, o del getto del chewing-gum.

Ora sta puntando ancora più in alto, autoproclamandosi una sorta di inviato speciale per l’Africa durante ogni suo viaggio nel Continente Nero. In sostanza, specie quando gli capita di dover tornare nella “sua” Costa d’Avorio (è nato a Bétroulilié, distretto di Goh-Djiboua) per falciare il giardino, dipingere la staccionata o cambiare le tende alla casa paterna, già che c’è ottimizza i tempi inventandosi qualche meeting con le autorità del Paese.

 

 

 

Negli ultimi giorni sul suo profilo “X” (dove tuttora impedisce i commenti sotto i suoi posta chiunque non sia gradito per evitare insulti, ma questo agli ivoriani non lo racconterà di certo) il ritorno in patria è coinciso con la messa in onda del tutto Soumahoro minuto per minuto. A inizio settimana ha raccontato di aver stretto la mano alla Presidente del Senato di Yamoussoukro, Kandia Camara, con la quale ha discusso «di tante cose»: il sesso degli angeli, le mezze stagioni che scompaiono, ma pure processi migratori e il ruolo della diaspora ivoriana. Il giorno dopo, mercoledì, ha pellegrinato dal Presidente della Camera, Adama Bictogo. Con lui ha parlato «della necessità di stipolare (con refuso, ndr) un accordo bilaterale su pensioni tra Italia e Costa d’Avorio, di processi migratori (di nuovo, ndr) e scambi in ambito parlamentare». Infine, è toccato al Ministro della promozione e dell’occupazione giovanile, Touré Mamadou, concedergli una ventina di minuti di udienza per un succulento bilaterale su come garantire ai giovani, più del 77% della popolazione ivoriana, «il diritto di migrare in modo sicuro». Un diritto che esiste già, garantito da un documento démodé chiamato permesso di soggiorno.

La scorsa estate, invece, si era recato in Senegal, dove aveva incontrato l’Ambasciatrice d’Italia a Dakar, Caterina Bertolini, con la quale si occupò di «visti d’ingresso» per l’Italia e «varie questioni che sono d’interesse dei nostri connazionali e dei nostri amici e amiche senegalesi», e il Presidente del Parlamento, Amadou Mame Diop, con cui parlò dell’arcinota necessità di stipulare un accordo bilaterale per garantire agli oltre 100mila senegalesi residenti in Italia «di poter godere della loro pensione». Con un piccolo dettaglio, che essendo quasi tutti giovanissimi non l’hanno ancora maturata.

 

 

 

Il suo mini-tour di appuntamenti circensi era però iniziato a gennaio, quando scelse di uscire dall’autoesilio che si era imposto a causa dello scandalo Karibu per organizzare a Roma un «controvertice» Italia-Africa alternativo a quello vero tenuto dal governo Meloni insieme ai rappresentanti di 41 Paesi africani. Siccome molti dei Capi di Stato erano a Palazzo Madama, al suo mini-club partecipò giusto qualche figurante, ma ciò non gli impedì di redigere un rivoluzionario «documento in dieci punti» per risolvere tutti i problemi dell’Africa, il cui contenuto, ancora oggi, resta un mistero.

Come resta un mistero il motivo per cui, un parlamentare della Repubblica, pagato con i soldi dei contribuenti italiani, nonché membro della “Commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia” (non in Costa d’Avorio), debba continuare ad occuparsi della tutela del diritto alla migrazione o all’erogazione di servizi per ivoriani, senegalesi e gambiani.

 

 

 

Abbandonato dalla sinistra, e snobbato dal resto d’Italia, l’ambizioso Soumahoro indossa la calzamaglia del paladino dell’Africa e allo stesso tempo rema contro il governo. Lo stesso che dovrebbe benedire ogni giorno. Perché, se dovesse cadere, lo lascerebbe al verde.