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Luca Casarini contro il governo: "Basta migranti nelle regioni Pd, è una vessazione"
«Questi sbarchi, nei porti del nord Italia, si sono trasformati in una cinica vessazione nei confronti di persone indifese che provengono da situazioni terribili». Commenta così, Luca Casarini, l’arrivo di settantuno migranti al terminal crociere di Porto Corsini, vicino a Ravenna. Lo sbarco, l’ultimo in ordine di tempo, è il nono che avviene nello scalo romagnolo. Il primo fu nel giorno di San Silvestro, il 31 dicembre del 2022, l’ultimo nel primo giorno di primavera, il 21 marzo, appunto.
Come racconta il Corriere di Bologna, poco prima delle nove del mattino sono iniziate le operazioni di sbarco dei migranti che per cinque giorni hanno viaggiato a bordo della Life Support, dopo essere stati recuperati il 16 marzo scorso nelle acque del Mediterraneo centrale, in seguito a un naufragio. Per Casarini l’evento è stata l’occasione per polemizzare con la gestione del fenomeno migratorio portata avanti da Palazzo Chigi e che ha trovato un tassello fondamentale con il decreto Piantedosi del gennaio 2023. «Siamo in presenza di un’attività politica del governo che tramite il Viminale interferisce con il meccanismo del soccorso che il Paese dovrebbe mettere in atto nel rispetto della convenzione di Amburgo che ha stabilito in maniera chiara che il soccorso deve essere un processo civile a cui contribuiscono in concorso di tutti i cittadini al fine di salvare vite» ha attaccato il volto noto dell’attivismo veneto.
Per Casarini l’obiettivo dell’esecutivo è uno solo. Ovvero quello di «far sbarcare i migranti in zone governate della parte politica opposta a quella che ci governa. E di tutta questa vicenda ne fanno le spese le persone, quelle che sono in mare. Prima o poi qualcuno lo riconoscerà anche tra le istituzioni». Le accuse di Casarini ricalcano quelle mosse dal sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, il 31 dicembre del 2022. E solo pochi giorni fa il primo cittadino ha bollato le scelte del Viminale di far sbarcare i migranti lontano dalle zone del Mediterraneo dove vengono recuperati e soccorsi come «disumane». Intanto ieri la ong Medici senza Frontiere ha presentato ricorso al tribunale civile di Massa contro il fermo amministrativo ricevuto giovedì dalla sua nave Geo Barents. L’imbarcazione era arrivata mercoledì a Marina di Carrara con 249 migranti soccorsi al largo della Libia. E lì è stata bloccata in virtù del fermo amministrativo di venti giorni comminato sulla base delle norme introdotte dal decreto Piantedosi.
Secondo Juan Matias Gil, capo missione delle attività di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere, si tratta «dell’ultimo esempio dell’ipocrisia dell’Unione europea e dei suoi Stati membri che stanno facendo di tutto per punire coloro che sono coinvolti nelle attività di ricerca e soccorso, mentre sono essi stessi complici dei violenti respingimenti di migliaia di persone in Libia ogni anno». «Più volte» ha aggiunto, «le autorità italiane ci hanno chiesto di coordinare i soccorsi con la guardia costiera libica, pur sapendo bene che la Libia non è un luogo sicuro e che riportare in Libia le persone in difficoltà in mare è reato».
Con la Geo Barents sono tre le navi umanitarie attualmente sotto fermo amministrativo. Oltre all’imbarcazione di Medici senza Frontiere, sono stati spenti i motori alla Sea Watch 5, arrivata a Pozzallo lo scorso 8 marzo, e alla Sea Eye 4, giunta due giorni dopo a Reggio Calabria. Intanto, la Mare Jonio, nave di Mediterranea Saving Humans, è salpata nel pomeriggio di ieri dal porto di Trapani, dirigendosi verso il Mediterraneo centrale per la sua quindicesima missione di monitoraggio e osservazione in mare. Si tratta dell’unica imbarcazione della flotta civile battente bandiera italiana.