sfollati di serie b
Israele, dei profughi ebrei non importa a nessuno
Il doppiopesismo del profugo no, è troppo anche per questo pazzotico dibattito italico, che in una settimana ha capovolto vittime e carnefici. Il Medio Oriente, ora e sempre, come proiezione delle ossessioni ideologiche nostrane. Questo è peggio del capovolgimento, è il silenzio osceno, colpevole, assordante, su chi è costretto a lasciare la propria casa, o meglio le proprie macerie, fisiche ed esistenziali. C’è uno sfollato sbagliato, nella nuova guerra che è sempre la stessa, uno sfollato che non intenerisce l’Editorialista Collettivo e non commuove il Talk Unico, non lo ha mai fatto, ed è ovviamente lo sfollato ebreo. Ebbene sì, e non sono poche persone: mezzo milione di civili (fatte le proporzioni tra i rispettivi abitanti, è come se in Italia ce ne fossero tre milioni). Lo ha annunciato il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane Jonathan Conricus, e lo ha riportato diffusamente il quotidiano Yedioth Ahronoth. «Ci sono circa 500mila sfollati interni israeliani in questo momento. Abbiamo evacuato tutto il Sud di Israele, tutte le località vicine alla Striscia di Gaza, seguendo le direttive del governo». Ancora ieri era in corso l’evacuazione della città meridionale di Sderot, città-martire che ha pagato un tributo altissimo alla follia annientatrice di Hamas, tra morti e ostaggi trascinati nelle viscere di Gaza. «La maggior parte di queste persone se ne è andata di propria iniziativa», ha riferito la fonte militare. Tutti, in ogni caso, sotto la minaccia sempre incombente dei razzi sparati a getto continuo dalla filibusta islamica. Ma, si sa, una regola aurea del racconto “progressista” recita che alcuni bombardamenti (quelli dei terroristi decapitatori di bambini) sono meno bombardamenti di altri (quelli dell’unica democrazia del Medio Oriente).
MONDI A CONFRONTO
In ogni caso, la priorità dell’esercito israeliano è chiara. «Vogliamo proteggere i civili, in primo luogo i nostri, dagli effetti devastanti della guerra». Anche qui, nessuno vede (o meglio, tutti fingono di non vedere) la notizia, l’elefante valoriale nella stanza, la differenza abissale con Hamas. Per i tagliagole coranici, i “loro” civili devono viceversa rimanere ancorati proprio nelle “zone di combattimento”, devono aderire fino in fondo alla loro parte in (tragi)commedia, che è essenziale, è quella degli scudi umani. «È propaganda, restate», hanno ammonito i caporioni di Hamas quando le forze israeliane hanno invitato i civili palestinesi a trasferirsi nel Sud della Striscia di Gaza, oltre il fulcro delle operazioni militari. Restate, ci servite, dovete morire, dovete morire perché i giornali occidentali possano titolare contro Israele massacratore, non deviate dal canovaccio. Israele no, Israele continua a regolarsi diversamente, e informa di aver evacuato anche venti località vicine al confine Nord, quello con il Libano, quello con Hezbollah, il “Partito di Dio” (cioè di Allah, ovviamente), l’altra protesi della teocrazia iraniana che si sta allungando contro lo Stato ebraico, che per ora si limita a sparare missili (ieri uno è esploso nella cittadina di Metulla, ci sono stati feriti, sono divampati incendi), domani chissà. No, via anche da lì, dal 7 ottobre nessun israeliano è al sicuro, se a portata di mano del Terrore islamista.
SFOLLATI DI SERIE B
Sfollati da Sud, sfollati da Nord: per il portavoce dell’Idf, «stiamo parlando di una situazione umanitaria significativa in Israele». Solo in Israele, a quanto pare, visto che dalle nostre parti nessuno si straccia le vesti per questi profughi interni, del resto sono profughi ebrei. «Gli sfollati hanno trovato rifugio presso i parenti nel centro del Paese», ha spiegato Conricus. Queste zone «sono considerate più sicure, anche se sono sottoposte costantemente ad attacchi missilistici e devono trovarsi nei pressi di rifugi»: non c’è vita al riparo, oggi, in nessun punto d’Israele, c’è mezzo milione di persone lontano dalla propria abitazione (quando questa esiste ancora) e sotto il fuoco nemico, e non è uno scandalo, non è una notizia, nemmeno una tendenza social. La rete e i media, viceversa, bruciano tutti d’indignazione per la fuga obbligata dei palestinesi di Gaza (le stime vanno da mezzo milione a un milione), ed è indignazione sacrosanta. Solo, lievemente miope: non vede la responsabilità ultima, che sta tutta in capo alle belve di Hamas; non vede l’ipocrisia suprema, quella dei Paesi arabi che lacrimano in coro per l’“esodo” palestinese, ma che si guardano bene dall’accogliere in casa i (presunti) fratelli di fede. È la situazione perfetta per dare addosso all’israeliano persecutore, l’israeliano immaginario, la caricatura del mainstream. Intanto, l’israeliano in carne e ossa raccoglie gli oggetti più cari e abbandona la propria casa, dove magari le squadracce nazi-islamiche gli hanno sgozzato il fratello, o rapito la sorella. Ma a chi importa?