Come la mettiamo?

Immigrazione, il Tar zittisce le Ong: "Decide il governo"

Alessandro Gonzato

Fine delle contestazioni. Il Tar del Lazio ha sentenziato che il “porto sicuro” d’attracco delle navi Ong lo decide il ministero dell’Interno, e non l’Ong di turno. Era logico (non a tutti, sinistra in testa), ma adesso lo ha certificato la magistratura. Ulteriore chiarimento fornito dal tribunale amministrativo, decisione pubblicata il 19 giugno: il “porto sicuro” non è necessariamente quello “più vicino”, almeno non lo era nei due casi che hanno coinvolto la nave Geo Barents della Ong Medici Senza Frontiere a cui lo scorso 7 e 24 gennaio il ministero dell’Interno e la Capitaneria di Porto avevano indicato il porto di Ancona per gli sbarchi rispettivamente di 73 e 237 migranti, avvenuti il 12 e 28 gennaio. La Ong aveva protestato col governo Meloni accusandolo di disumanità e presentato poi ricorso al Tar. Il capomissione Juan Matias Jil aveva tuonato che «in base alle leggi internazionali marittime l’Italia doveva assegnare il luogo sicuro più vicino alla Geo Barents», e non Ancona, ma i giudici hanno chiarito che «nessuna delle convenzioni citate (dalla Ong, ndr) fa riferimento al concetto di “porto più vicino”, criterio che invece viene esplicitamente usato in altri ambiti del diritto internazionale, come ad esempio in caso di collisioni tra natanti».

 

 

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NESSUN OBBLIGO

In entrambi i casi i migranti erano stati imbarcati in acque di Ricerca e Soccorso (Sar) libiche. Geo Barents batte bandiera norvegese. Il Tar sostiene che «l’Autorità italiana è intervenuta, per l’ennesima volta e prontamente, in un contesto giuridico e fattuale in cui non aveva alcun obbligo di fornire un Pos (“porto sicuro”), avendo soccorso una nave battente bandiera norvegese al largo delle coste libiche e quindi in acque extraterritoriali». Secondo i giudici, quindi, l’obbligo di individuare il “porto sicuro” spettava allo Stato costiero nella cui area Sar era stato effettuato l’intervento di soccorso e, in assenza di indicazione da parte della Libia, allo Stato di bandiera, la Norvegia, tenuta ad applicare i meccanismi di cooperazione tra Stati previsti dalla Convenzione Sar, visto che le operazione di soccorso rientravano nelle “questioni sociali” per le quali l’articolo 94 della Convenzione Unclos prevede la giurisdizione dello Stato di bandiera. Insomma, secondo il Tar l’operato del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è stato ineccepibile.

Il Tar, a cui hanno fatto ricorso l’Associazione Artsen Zonder Grezen (ossia Medici Senza Frontiere Olanda) e la societàUksnoy Barents Ks ha spiegato che le norme internazionali non evocano - come detto - il concetto di “vicinitas” tra il luogo di soccorso e quello di sbarco ma quello di “ragionevolezza” che impone di tener conto della situazione concreta in cui si trovano i migranti e degli aspetti logistici relativi all’efficace gestione dei flussi migratori, tenuto conto anche della necessità di non congestionare determinati territori - nel caso italiano soprattutto la Sicilia e il centro d’accoglienza di Lampedusa - e di assicurare l’accoglienza, l’identificazione, le eventuali espulsioni e i rimpatri. E ancora, il tribunale amministrativo ha messo nero su bianco che è «evidente e innegabile» che «le operazioni di soccorso vadano inquadrate nel più ampio e complesso contesto del fenomeno migratorio via mare». Pd e affini accusano il governo di mandare apposta i migranti nelle città di centrosinistra, sennonché ora sono anche i giudici a legittimare le scelte dell’esecutivo.

 

 

 

ALTRA SMENTITA

La Ong aveva contestato la «manifesta irragionevolezza e la sproporzionalità del provvedimento di assegnazione del porto di Ancona», ma i giudici hanno sottolineato che è stato tutto proporzionato: il porto è stato assegnato «con prontezza»; non c’erano situazioni d’urgenza tra i migranti; i centri d’accoglienza nelle zone vicine a quella del soccorso non erano utilizzabili dato che quello di Lampedusa era ed è congestionato; il tempo di permanenza dei migranti sulla nave è stato ritenuto non eccessivo, tenuti anche presenti episodi passati in cui la permanenza a bordo era dipesa dal ritardo della Geo Barents nel contattare le autorità italiane. Inoltre per il Tar le dimensioni della Geo Barents la rendevano «idonea ad affrontare in sicurezza un tragitto più lungo» e la Ong non aveva segnalato urgenze a bordo. «Il decreto Ong», commenta Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, «non vìola alcuna convenzione internazionale, non lede i diritti dei migranti anzi li tutela. Le procedure sono corrette e legittime. La procedura del governo è quindi ineccepibile. Nessuna delega in bianco a soggetti stranieri e privati per il soccorso in mare e per la selezione di chi entra in Italia». Tutto chiaro (e tutto bene), a sinistra e ai capi delle Ong?