La strategia funziona
Piantedosi, le Ong in ginocchio: il "capolavoro" in pochi giorni
Il vento è cambiato. La strategia Piantedosi funziona. Da un anno all’altro, da un governo all’altro - da un ministro all’altro - gli sbarchi dalle navi Ong sono dimezzati. Questi i numeri: a gennaio 2022 dalle “navi umanitarie” erano sbarcati in Italia 922 migranti. A gennaio di quest’anno 442, il 48%: 110 quelli già scesi, ai quali nelle prossime ore si aggiungeranno i 237 della Geo Barents e i 95 della Ocean Viking. I dati provengono dal ministero dell’Interno, il cui titolare, Matteo Piantedosi- ex prefetto, uomo delle istituzioni eletto in quota Lega - sta rispondendo coi fatti alle invettive delle opposizioni e delle organizzazioni non governative per il decreto che porta il suo nome e ha imposto un cambio di rotta ai taxi del mare, che con Luciana Lamorgese al Viminale andavano su e giù per il Mediterraneo come in autostrada.
Certo: il numero complessivo degli arrivi clandestini è aumentato rispetto a 12 mesi fa, da 2.250 a 4.452- anche questo è un dato oggettivo - anche se va detto che incidono la stretta agli irregolari imposta negli ultimi mesi dalla Spagna (il premier socialista Sanchez è stato criticato dalla stessa sinistra) e dalla Grecia. Le missioni prima in Algeria e adesso in Libia del premier Meloni sono finalizzate anche a diminuire le partenze di barchini e gommoni. Piantedosi aveva preannunciato multe, sequestri e confische nei casi più gravi di violazioni da parte delle navi Ong. Il messaggio è arrivato forte e chiaro, tanto che delle 17 navi delle organizzazioni più attive sono solo due al momento quelle che sfidano apertamente il nuovo governo di centrodestra: la Geo Barents, dicevamo, che batte bandiera norvegese ed è della Ong Medici Senza Frontiere, e la Ocean Viking, stessa bandiera e in gestione alla francese Sos Mediterranée. Sfidano il governo perché contravvengono al decreto Piantedosi che vieta i salvataggi multipli, e la Geo Barents che sbarcherà a La Spezia ne ha effettuati tre, come nel corso del precedente viaggio (il secondo trasbordo era stato approvato dal Viminale perché lungo la stessa rotta); e attaccano il governo Meloni, le Ong, perché l’esecutivo indica con precisione il porto d’attracco delle navi che invece durante la precedente gestione approdavano quasi sempre in Sicilia, ed è per questo che il centro d’accoglienza di Lampedusa è esploso.
CAMBIO DI ROTTA
«Da oggi i salvataggi li fa lo Stato», ha sentenziato Piantedosi, che per alleggerire le strutture del Sud ha iniziato a smistare le navi anche nei porti del Nord: Ocean Viking arriverà domenica a Marina di Carrara e Geo Barents come detto oggi a La Spezia. Le Ong non ci stanno, protestano perché vorrebbero sceglierla ancora loro la destinazione finale, che sarebbe sempre la stessa, la Sicilia, così da continuare a fare la spola agevolmente con la Libia e la Tunisia come accadeva con la sinistra al Viminale e a Palazzo Chigi. Per il resto tutte le Ong, tranne la tedesca Sea Watch che ha appena riacceso i motori, sono ferme in porto: la spagnola Open Arms a Burriana (Valencia) come la tedesca Humanity 1 e la connazionale Louise Michel; Life Support, bandiera panamense e Ong Emergency, è a Livorno; la nave italiana Mare Jonio a Trapani; la tedesca Rise Above di Mission Lifeline è ferma ad Augusta, Siracusa; la spagnola Aita Mari è in porto a Vinaròs, ancora Valencia. Pesano, sulle Ong, le nuove regole italiane, e pesa il costo del carburante, dal momento che sbarcare sempre in Sicilia è un conto e andare in Liguria, in Toscana o in Emilia Romagna è un altro.
Leggi anche: Immigrazione, Storace: il gioco sporco di Pd e M5s
«Le dichiarazioni del leader del Ppe Weber sono molto positive», dice a Libero Nicola Molteni, sottosegretario leghista agli Interni, «chi finanzia le Ong si deve anche far carico delle spese». I soldi scarseggiano e le “navi umanitarie” si fermano. «Questo governo ha sfondato un muro: prima l’Europa si chiamava fuori dai soccorsi in mare, parlava solo di accoglienza. Adesso affronta il problema nella sua totalità e inizia a parlare il nostro linguaggio, responsabilizzando le nazioni a cui appartengono le navi. Il commissario Ue von der Leyen», continua Molteni, «ha parlato anche di rimpatri più veloci, e il Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio sarà centrale». Anche l’Europa sembra aver cambiato rotta, ma aspettiamo i fatti.