Orrori

Roma, no alle nozze? Il padre della sposa ammazza il capo Rom

Claudia Osmetti

Un matrimonio combinato (che tra l'altro sarebbe pure vietato, ma per la storia che segue è il meno), una faida all'interno della comunità Rom di Roma, una sorta di rapimento per riportare la sposa nella famiglia d'origine e il nonno dello sposo che finisce ammazzato, investito da una jeep guidata dall'ormai ex consuocero. Nel mezzo i tribunali nomadi, il "consiglio degli anziani", ma anche le nostri corti, quelle ufficiali, quelle che valgono per chiunque. Rom e Sinti compresi. Sembra la trama di una serie tivù odi un romanzo d'appendice, uno di quelli dei tempi andati, pieni di puntate e di colpi di scena. Invece è la cronaca quotidiana di quel che succede in un campo della periferia sud della capitale da almeno otto anni.

Prologo: Moreno Halilovic e Selli Hadjovic hanno poco meno di diciotto anni, sono dei ragazzini. Figli, entrambi, di due famiglie Rom che un giorno decidono devono sposarsi. Fiori d'arancio e una dote, 12mila euro, che il padre di Moreno paga al padre di Selli poco prima del rito nuziale. Subito dopo lei rimane incinta e la neo-coppia parte alla volta della Francia.

 

 


GUERRE INTERNE
Capitolo uno: i maltrattamenti. A un certo punto Selli telefona ai suoi, giù a Roma. Non sta bene con Moreno, si sfoga, lui la maltratta e i suoi parenti non muovono un dito per difenderla. Dall'altro capo del filo c'è papà Redjep, che non è un papà qualunque. Vuol bene alla sua Selli ma, a Roma, è anche il capo del clan degli Hadjovic. Si sente beffato. Capitolo due: il ritorno in Italia. La famiglia Halilovic gira la carovana e torna indietro, Parigi non è poi 'sto granché. A Roma li aspetta Redjep. È il 4 settembre del 2020, gli Hadjovic sono decisi a riportare Selli sul loro camper. Ce la fanno, ma gli Halilovic non la prendono bene e partono le prime accuse: dopotutto loro avevano pagato per quel matrimonio, chi dà a Redjep il diritto di riprendersi la figlia? C'è una prima scintilla della guerra interna che sarà, ma si sopisce presto.


Capitolo tre: il "consiglio dei saggi". Per evitare l'inevitabile, gli Hadjovic e gli Haliovic chiedono agli anziani di dirimere la questione. La loro parola, quella dei "saggi", vale come una sentenza della Cassazione per chi abita nel campo. È inappellabile. La riunione è fissata per il 12 settembre del 2015. Stacco. Capitolo quattro: l'agguato. La sera prima della "sentenza" una trentina di affiliati al clan degli Halilovic bussa alla porta di Redjep: nessuno di loro (e ci sono pure parecchi minorenni) ha in mano una torta per distendere la tensione. Al contrario: mazze da baseball, chiavi inglesi, manici di scopa che alla bisogna vanno bene pure quelli. All'inizio volano gli insulti, poi le mani. Moreno è su una Fiat Stilo e sfreccia a tutta velocità in mezzo ai bambini che giocano come se nulla fosse, come se quella fosse la normalità. Papà Redjep vuole fermarlo, può fare una strage. Sale sul suo Ducato, ha la retromarcia inserita e va sbattere contro Gimi Halilovic, il nonno di Moreno che muore sul colpo. È lì, Gimi, solo perché è preoccupato: sta urlando come un disperato per far smettere quel bailamme, per far rinsavire gli uni e gli altri, per ricordare che basterebbe aspettare qualche ora, oramai s' è fatto buio, gli anziani avrebbero trovato una soluzione (pacifica) l'indomani.

 

 


SITUAZIONI ANALOGHE
Epilogo: tribunali, codici, avvocati, giudici, galere. Questa volta italiane. Nei giorni scorsi Redjep Hadjovic viene giudicato colpevole di omicidio colposo. Pena inflitta: cinque anni di prigione. Lui, il capo famiglia, il capo Rom, il padre di tredici figli tra cui anche Selli. In cella. Le motivazioni della sentenza sono cinquanta pagine scritte fitte fitte che non raccontano solo la tragica morte di Gimi Halilovic, raccontano pure quella realtà ingarbugliata, complessa, intricata che sono i campi Rom di Roma e che si potrebbe riproporre ad altre situazioni analoghe sparse in tutta Italia. Una battaglia infinita, una faida nella comunità nomade, uno scontro tra bande che finisce nel sangue. Fine.