L'intervista
Matteo Piantedosi, Soumahoro? "Basta testimonial dell'accoglienza". E l'accusa ai vip
Dopo quaranta giorni alla guida del ministero più rovente d'Italia, il bilancio personale di Matteo Piantedosi è più che positivo. «Sono molto soddisfatto del lavoro svolto in questo primo mese. Certo, l'inizio del mio mandato è stato intenso ed impegnativo. Ma non avrebbe potuto essere diverso, vista la complessità delle questioni che il Viminale deve affrontare quotidianamente».
Che situazione ha trovato al suo arrivo? Qual è la prima cosa che ha fatto?
«La situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico è sotto controllo, sempre monitorata con attenzione dal Viminale. Uno dei miei primi atti è stato riunire il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Il nostro Paese ha territori con caratteristiche ed esigenze diverse. Per questo ho voluto dare un segnale alle comunità locali, partecipando ai comitati provinciali a Milano e Napoli. Due aree metropolitane che, insieme a Roma, pur nella loro diversità, presentano problemi simili da affrontare ed alle quali dedicheremo un'attenzione particolare».
Lei sa che gli italiani attendono risultati visibili nella lotta all'immigrazione illegale e agli scafisti.
«Il tema del contrasto all'immigrazione illegale è stato nodale sin dal primo giorno. Il governo è determinato a mettere al centro dell'agenda europea la questione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Per noi è una questione di grande importanza anche perché ad essa sono legati i fenomeni di degrado e disagio nelle nostre città. Dobbiamo contrastare le cause che alimentano insicurezza e incidono sulla vivibilità delle nostre città ed in questa direzione lavoriamo ogni giorno con prefetti, magistratura, forze di polizia e amministratori locali. Anche l'Europa deve fare la propria parte».
Nei giorni scorsi lei ha incontrato il ministro greco perla sicurezza dei cittadini, Panagiotis Theodorikakos. La Grecia ha problemi con l'immigrazione illegale simili ai nostri, la loro "Lampedusa" è la costa del fiume Evros, al confine con la Turchia. Che rapporti ha l'Italia con gli altri Paesi del sud Europa? Esiste un fronte comune, capace di fare blocco a Bruxelles sulle richieste in materia di sicurezza e gestione dell'immigrazione?
«Con gli altri Paesi mediterranei di primo ingresso il dialogo è costante. Condividiamo l'esigenza di agire insieme, con determinazione, sui tavoli Ue. Già il 12 novembre, in una dichiarazione congiunta con i miei omologhi di Malta, Cipro e Grecia, abbiamo assunto una forte posizione comune per chiedere misure che permettano di governare i flussi migratori ed individuare iniziative immediate per ridurre la pressione sulle nostre frontiere marittime. Tra noi c'è anche una consultazione permanente sulle posizioni comuni da assumere in sede di Consiglio Ue per gli Affari Interni. L'incontro di venerdì con il ministro greco Theodorikakos è stato l'occasione per confermare la piena sintonia su questi temi e ribadire che è necessario un intervento europeo che preveda anche investimenti nei Paesi di origine e transito dei flussi».
Il 25 novembre, a Bruxelles, lei è uscito soddisfatto dal vertice straordinario con gli altri ministri dell'Interno dei Paesi Ue. Cosa abbiamo ottenuto?
«Quel giorno c'è stata un'ampia convergenza tra i partner europei sulle linee fondamentali del piano di azione per la gestione dei flussi migratori presentato dalla Commissione. È un piano che propone ciò che l'Italia ha sempre sostenuto, ovvero la necessità di un'azione forte dell'Europa per migliorare il sostegno ai Paesi di origine e transito dei flussi, sia sviluppando azioni di contenimento delle partenze, sia migliorando i meccanismi di rimpatrio. Si è discusso anche della necessità di introdurre meccanismi di maggior coordinamento delle operazioni nel Mediterraneo che avvengono da parte di navi private».
Il prossimo appuntamento con i suoi omologhi è fissato per l'8 dicembre. Può essere quello l'appuntamento decisivo?
«Sono di temi di grande complessità, ma servono al più presto risposte concrete, in primo luogo per evitare tragedie del mare. È questo lo spirito con cui parteciperò al consiglio dei ministri dell'Interno Ue dell'8 dicembre. Confido che sia lo spirito di tutti».
Per regolare l'immigrazione sono necessari anche i rimpatri, e peri rimpatri servono accordi bilaterali con i Paesi di provenienza. A che punto siete?
«Anche la questione dei rimpatri deve essere al centro dell'agenda Ue. Servono iniziative comuni europee che consentano di rendere più veloci le procedure di allontanamento dal territorio, tramite una collaborazione più intensa con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori. Noi, comunque, ci stiamo organizzando per rafforzare l'azione anche in chiave bilaterale: è stato appena nominato il nuovo direttore della immigrazione e della polizia delle frontiere, che avrà proprio questo compito».
Siamo in attesa del decreto flussi, che stabilirà quanti immigrati regolari potremo accogliere e quali caratteristiche dovranno avere. Quando arriverà?
«Sarà un decreto della presidenza del consiglio dei ministri. Ci stiamo lavorando per vararlo al più presto e poter garantire un flusso di migranti regolari che possano essere inseriti proficuamente nel tessuto economico del Paese».
Ci sono anche gli italiani che ricevono il reddito di cittadinanza e saranno tenuti a frequentare corsi di formazione per i quali il contribuente paga: pure loro dovrebbero essere inseriti nel mondo del lavoro regolare. Come pensate di conciliare le due cose?
«Sulla base delle norme vigenti, i nuovi ingressi di migranti regolari avverranno tenendo in considerazione i percettori del reddito di cittadinanza, sia italiani sia stranieri. Salvaguarderemo la loro possibilità di essere reinseriti nel mercato del lavoro. Proprio perché il reddito di cittadinanza serve a riaccompagnare il singolo verso un nuovo lavoro».
Cosa ha pensato quando ha letto come le cooperative legate alla moglie e alla suocera di Aboubakar Soumahoro trattavano gli immigrati e gestivano i soldi per l'accoglienza?
«Di solito non commento fatti che costituiscono oggetto di approfondimenti in corso. Ma voglio dire che la quasi totalità dei soggetti coinvolti nell'accoglienza agisce con autentico spirito solidale. Con alcuni di essi, come la Comunità di Sant'Egidio e la Federazione delle Chiese evangeliche, abbiamo accordi specifici per realizzare corridoi umanitari. Il loro lavoro non deve essere offuscato da quei singoli casi riguardanti chi persegue business lucrosi con tanto di testimonial».
Il "decreto rave" è stato parzialmente riscritto, è stata fatta una "tipizzazione della fattispecie" più precisa, legata ai raduni musicali, escludendo le manifestazioni studentesche o di altro tipo. È soddisfatto del nuovo testo?
«La priorità del Viminale è sempre stata quella di attribuire alle forze dell'ordine gli strumenti adeguati per contrastare un fenomeno che, voglio ricordarlo, negli ultimi dieci anni ha fatto registrare anche alcuni decessi, causati dall'abuso di sostanze stupefacenti, nonché feriti tra gli operatori di polizia. L'adeguatezza di questi strumenti è irrinunciabile per tutelare l'incolumità delle persone e il diritto di proprietà. Il parlamento saprà sicuramente trovare la sintesi necessaria».
I rave non sono le uniche occupazioni di proprietà privata. Ci sono anche quelle degli immobili, spesso ad opera di collettivi organizzati. A Napoli, a Pizzofalcone, pochi giorni fa avete fatto sgombrare il palazzo nel quale, da anni, vivevano occupatori abusivi, protetti dalla camorra. Resterà un caso isolato o è il segnale che le cose stanno per cambiare?
«Quello di Pizzofalcone non è stato l'unico intervento. Se ne stanno facendo in tutto il Paese, proprio nell'ambito di un'ampia strategia contro il fenomeno delle occupazioni abusive. Questa proseguirà con determinazione, non solo per garantire il rispetto del diritto di proprietà e la tutela del patrimonio edilizio pubblico e privato, ma anche per rendere possibile l'accesso alla casa a chi ne ha realmente bisogno e diritto. Secondo le regole dello Stato, non quelle dei racket».
Sono iniziate le manifestazioni degli studenti, la Cgil ha annunciato il ritorno in piazza e Giuseppe Conte ha detto che il M5S «darà battaglia nelle sedi istituzionali e nelle piazze» in difesa del reddito di cittadinanza. Come guardate a questi eventi? È preoccupato?
«La gestione delle piazze è da sempre un compito molto delicato e le difficoltà economiche e le congiunture sociali con cui ci stiamo confrontando possono alimentare tensioni e malcontento. Ma noi garantiremo sempre il diritto di manifestare liberamente. È attraverso il confronto e la dialettica costruttiva che un Paese può progredire e migliorarsi. Ho piena fiducia nelle nostre Forze di polizia che, a più riprese, hanno dimostrato di saper operare con autorevolezza, equilibrio e moderazione».