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Immigrazione, Nicola Molteni: "Soldi dall'Europa alla Libia, l'unico modo per fermare gli sbarchi"

Lorenzo Mottola

Era il braccio destro di Matteo Salvini al Viminale e ora fa lo stesso lavoro con Luciana Lamorgese. Un passaggio traumatico per Nicola Molteni, leghista canturino e sottosegretario agli Interni. Uno dei protagonisti della stagione dei "porti chiusi", che ora deve trattare col Pd. «Siamo al governo per evitare che votino lo ius soli e ci portino migliaia di immigrati», spiega il politico leghista, «ma anche di quelli regolari in questo momento non c'è alcun bisogno».

Onorevole, Mario Draghi si è aggiunto alla lunga lista di premier italiani che hanno cercato di ottenere aiuto dall'Europa sul tema dell'immigrazione. Senza successo, purtroppo. Il Consiglio Europeo ha stabilito che di accordi per la redistribuzione di migranti se ne riparlerà, forse, a giugno. E saranno firmati chissà quando. Nel frattempo chi sbarca resta in Italia. Il che ha anche un costo...
«Qualche fatto positivo comunque c'è. Almeno il tema dell'immigrazione è entrato nell'agenda di governo, come la Lega aveva chiesto, ed è buono che anche Macron abbia garantito collaborazione. Certo i numeri sono preoccupanti, quasi 14mila sbarchi dall'inizio dell'anno e 5000 a maggio...».

I governi europei hanno deciso che di questo tema se ne riparlerà a fine giugno, con 70mila persone pronte a partire dall'altra parte del Mediterraneo. Non rischia di essere tardi?
«È normale, dall'Europa arrivano tante parole e pochi fatti. E anche se si dovesse arrivare a un accordo tra i Paesi Ue bisognerà vedere di cosa si tratta. Finora si è discusso di questo patto per le migrazioni, ma così come è strutturato non va bene e la Lega non lo voterà. Si tratta di accordi che continuano a penalizzare i Paesi di primo approdo come l'Italia. Non superano i famosi accordi di Dublino, che prevedono che la responsabilità di chi sbarca rimanga in capo a noi. Invece noi vorremmo altro, ovvero introdurre il ciclo rotazione dei porti, per non far arrivare sempre le navi in Italia. Chiediamo il principio dello stato di bandiera, perché se una nave tedesca soccorre migranti è giusto che finiscano in Germania. Se non sarà possibile agire a livello comunitario, lo faremo a livello nazionale».

 

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In che modo?
«Per gestire il fenomeno dobbiamo intervenire al di là del Mediterraneo. Dobbiamo lavorare con Libia, Tunisia, Algeria e perfino Turchia, perché alcuni velieri arrivano addirittura da lì in Italia. Bloccare completamente le partenze».

E come si può procedere? C'è chi parla di interventi Onu via terra, chi parla di blocchi navali.
«Io valuto positivamente tutti gli accordi di sviluppo e crescita economica che vengono fatti con i Paesi dai quali partono i migranti. Ovviamente insieme a questi bisogna prevedere delle intese per controllare i flussi migratori. Come è stato fatto in Libia attraverso il potenziamento della Guardia Costiera libica. Parlo del famoso memorandum firmato da Minniti, che va rafforzato. La Libia è un Paese di transito per chi affronta il viaggio per venire in Europa, quindi il tema è quello di controllare le frontiere a sud. Soprattutto sui confini con Niger e Ciad, che sono anche le rotte su cui si muovono i fondamentalisti islamici. Anche per questo dobbiamo prevenire e bloccare le partenze».

Quindi piuttosto paghiamo ma li teniamo dall'altra parte del mare.
«Sì, meglio dire che sono favorevole ad attivare un controllo dei flussi attraverso intese di natura economico-commerciale. Penso all'accordo che aveva fatto Berlusconi all'epoca di Gheddafi. O a quello che ha fatto l'Europa con la Turchia. Si chiama cooperazione, la Libia ha bisogno di stabilizzarsi e questa potrebbe essere una risposta: vale per la Libia e vale per la Tunisia».

All'Italia converrebbe dal punto di vista economico?
«Diciamo intanto che la Lega con Matteo Salvini al Viminale ha dimostrato in passato alcune cose: tutti dicevano che era impossibile fermare il fenomeno migratorio. L'Italia spendeva circa 5 miliardi di euro per la gestione dei richiedenti asilo. Noi abbiamo portato la cifra a 1,5 miliardi. Bisogna essere pragmatici. Anche perché in un momento economico come questo, dopo tutto quello che abbiamo vissuto, iniziare a distribuire migranti per l'Italia rischia di far esplodere una grande bomba sociale. Non si può tollerare: ne faremo partire meno e arrivare meno. E anche morire meno in mare».

E in questo senso vi aspettate che l'Europa ci aiuti a sostenere le spese? State già trattando?
«Stiamo per ridiscutere gli accordi economici con la Turchia, sarà anche l'occasione per insistere perché una tranche di soldi venga investita nel Mediterraneo centrale. E poi bisogna guardare alle rotte balcaniche e agli accordi interni nella Ue: perché se la Francia può riaccompagnare alla frontiera i migranti che arrivano dall'Italia noi non possiamo fare lo stesso per chi entra in Friuli?».

Venerdì il ministro Lamorgese ha incontrato al Viminale i responsabili di alcune Ong. Parliamo di organizzazioni che a più riprese hanno attaccato la Lega e la sua politica "disumana", che ne pensa?
«Il problema non è tanto l'incontro ma quello che viene detto durante queste riunioni. Io sono assolutamente contrario all'idea di appaltare il flusso degli sbarchi a delle organizzazioni private. Col decreto sicurezza avevamo posto dei paletti. C'è anche un codice di condotta voluto e votato da governi di sinistra. Quel codice deve essere rispettato, cosa che oggi non avviene».

 

 

Crede nella buona fede di queste associazioni? Molti equipaggi sono finiti sotto indagine per aver collaborato con gli scafisti o per aver ricevuto denaro per trasportare in Italia clandestini.
«Io rilevo solo che queste navi continuano a violare le convenzioni internazionali, perché non è stato scritto da nessuna parte che i migranti che vengono recuperati in acque libiche debbano essere portati in Italia come sistematicamente è avvenuto. Violano codici di condotta, violano leggi nazionali. Non possiamo tollerarlo».

E così vi accuseranno di lasciar morire le persone in mare.
«È fermando le partenze che si salvano le vite. E con altri interventi: si parla spesso dei corridoi umanitari: noi con Salvini avevamo fatto le evacuazioni umanitarie, avevamo portato in Italia donne e bambini in fuga dalla guerra. Questo è da fare e noi lo avevamo fatto. Tollerare l'immigrazione clandestina è un'altra faccenda».

Sempre il ministro Lamorgese ha proposto di rivedere il decreto flussi, aumentando quindi il numero di migranti regolari cui l'Italia concederà l'ingresso. Che ne pensa?
«Innanzi tutto che bisogna fare una netta distinzione tra gestione dei flussi regolari e irregolari. Quello dalla Libia è all'80% composto da migranti economici. Per quanto riguarda l'immigrazione regolare, la sfida è quella di scegliere l'immigrazione che ci serve, lasciando entrare la forza lavoro utile. In questo momento usciamo da una situazione di crisi economica e abbiamo giovani italiani costretti ad andare all'estero. Quindi chiediamoci: l'Italia ha davvero bisogno di nuova forza lavoro immigrata? Io dico di no».

 

 

Il piano della Lega per la Libia è chiaro, ma sarà possibile fare tutto ciò con il Pd al governo? Voi chiedete di fermare le Ong, loro pretendono lo ius soli
«Noi siamo al governo proprio per impedire lo ius soli, per impedire che vengano riattivate missioni europee che ci riporterebbero all'epoca in cui sbarcavano 150mila persone. La cittadinanza non è uno strumento di integrazione, prima ci si integra poi si ottiene la cittadinanza».

Voi siete al governo, Fdi no. Però guardando i sondaggi questa scelta sembra aver premiato Giorgia Meloni.
«Noi abbiamo fatto una scelta, credo giusta, che è quella di metterci al servizio del Paese. Essere patriottici vuol dire che quando il Paese chiama una forza politica come la Lega si mette a disposizione. I consensi e i sondaggi li valuteremo quando ci avvicineremo alle elezioni».

Forse le difficoltà del centrodestra nello scegliere i candidati dipende anche dai sondaggi usciti? «No, assolutamente. La Lega è una forza di governo e sappiamo dare risposte ai problemi del Paese. Governiamo insieme in tantissime regioni e troveremo i candidati giusti e ci candideremo insieme alle politiche nazionali».