Rugby, il caos delle regole

Albina Perri

“Una confusione assurda, seguire tre partite, quelle tra Nuova Zelanda – Sud Africa, Australia – Francia e l’incontro di Currie Cup (la coppa sudafricana, ndr), con tre regole diverse”. Parola di Vittorio Munari, commentatore di Sky Sport e masticatore di rugby da una vita, come giocatore e allenatore e come membro del gruppo di studio dell’International Rugby Board (il massimo gruppo dirigenziale rugbistico, una sorta di Fifa calcistica) nel 1993 per proporre una prima serie di modifiche alle regole di questo sport. E non ha tutti i torti, perché un torneo, il Tri Nations che raggruppa All Blacks, Australia e Sud Africa, si gioca con le regole già messe in paratica durante il Super 14, la Coppa dei campioni dell’emisfero sud, mentre i test match, che si disputano anche con le nazionali dell’emisfero boreale, prevedono ancora le regole classiche. Ad arbitri e giocatori tocca adeguarsi di partita in partita. Il terremoto è inziato quando le Unions dell’emisfero sud (Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa) hanno deciso che era giunto il momento di apportare altre modifiche alle vecchie norme. Arrivano così le Experimental Law Variations. Un pacchetto di nuove regole che per la prima volta sono state applicate appunto nel Super 14, il campionato tra le franchigie provinciali australiane, sudafricane e neozelandesi. Per avere le idee chiare su un affare terribilmente complicato, conviene avventurarsi in questo sito, Right Rugby, che ha seguito sin dall’inizio l’intera vicenda. Vittorio, la colpa di chi è? La colpa è senza dubbio dell’International Rugby Board. Si è fatta forzare la mano dalle Unions dell’emisfero sud, Australia e Nuova Zelanda fra tutte. Il fatto è che questa è una situazione politica. In che senso? Prendiamo come riferimento il calcio. I campionati inglesi e francesi di rugby sono come quelli inglesi e italiani di calcio. Sono più appetibili anche per i grandi giocatori neozelandesi, australiani e sudafricani. Allora le Unions del sud difendono casa loro, cercano di tenerseli perché gli stanno rubando i pezzi. E si crea una sorta di rugby a metà fra quelli a XV e a 13, adatto a samoani e figiani. Ma come è nato tutto questo caos? Dopo i Mondiali l’IRB si trova a gestire una valanga di soldi e così i capi fanno un po’ di distribuzione, da qui nasce lo studio delle nuove regole. Hanno detto: “Le proviamo qui, qui e qui”. Solo che al sud poi le hanno prese sul serio e questi non si sono più fermati. Creando inevitabilmente una spaccatura. A maggio si sono dati appuntamento anche quelli dell’emisfero nord e le federazioni inglese, scozzese, gallese ed irlandese si sono opposte alle nuove regole. Poi si è aggiunta anche l’Italia perché le nuove norme velocizzano il gioco al punto tale che sarebbe palese che noi giochiamo al rallentatore. Poi, vedi, c’è di mezzo anche il tempo. Il tempo? Sì, sì. Al sud hanno terreni duri, hanno gli scrosci di pioggia, ma non inverni freddi come i nostri, eccezion fatta per la Nuova Zelanda. C’è la tendenza ad avere un atleta da corsa, mentre in Europa si gioca anche per tutelare le fasi statiche, considerati anche certi campi che si hanno con la stagione invernale. E l’Italia? Cosa succederà quando saranno introdotte anche da noi? Qui la questione è che dobbiamo darci una cultura che non abbiamo, se non c’è non possiamo migliorare. Noi non stiano applicando bene nemmeno le regole vecchie. Facessimo questo prima di tutto! E la federazione non spiega cosa vanno a fare i nostri rappresentanti alle riunioni. Comunque alla fine, dal primo agosto regole nuove per tutti. Mettiamo questa trentina di regole nuove, però è palese che è stata forzata la mano dell’IRB che indicava il novembre 2008 come data per decidere cosa fare. E c’è la questione della Coppa del mondo del 2011. Se a due anni dal Mondiale non si possono più cambiare le regole, le decisione va presa inevitabilmente entro il 2009. Tra meno di un anno. E’ un bordello. Certo. Ci sono situazioni politiche vanno al di là di considerazioni tecniche. E il problema è che qui non chiariscono niente. E’ un misto mare. Il momento peggiore dal punto normativo per il rugby.