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Ariedo Braida smonta il Milan: "Perché non vince più", una stroncatura devastante
Insieme ad Adriano Galliani, ha rappresentato l'imprescindibile binomio dirigenziale del Milan di Silvio Berlusconi, quello degli Immortali di Arrigo Sacchi, degli Invincibili di Fabio Capello e infine quello di Carlo Ancelotti. Per questo oggi Ariedo Braida, storico ex direttore sportivo rossonero, è durissimo con il Diavolo: "Sono triste – ha spiegato al sito di SoFoot -, vedere il Milan in questo stato mi fa star male".
La sua analisi è spietata. Braida punta il dito contro "una crisi di identità e una mancanza di sentimento di appartenenza. Sono stati fatti grossi errori per anni, a tutti i livelli e la conseguenza è che abbiamo un club e una squadra senza identità. L'avevo predetto a inizio stagione che non sarebbe stata una squadra competitiva: il club è troppo instabile, non c'è una direzione chiara, gli allenatori si succedono e la rosa cambia ogni anno. Per essere ambiziosi serve continuità, per esempio lasciando lavorare un allenatore per 2-3 anni, dieci se possibile". Esattamente quello che avevano fatto Paolo Maldini e la vecchia proprietà, Elliott, con Stefano Pioli. "I giocatori sono responsabili, ma è difficile essere performanti in un club senza identità. Ciò che manca, è una guida, un uomo forte come lo era Berlusconi. Con lui e Galliani c'era una linea direttrice".
Proprio dall'addio brutale e traumatico di Maldini è iniziata la discesa inesorabile: "Licenziarlo è stato un errore grossolano, e cacciarlo in quel modo inscusabile. Maldini è una leggenda che lavorava molto bene e rappresentava al meglio l'istituzione". Il nuovo patron Gerry Cardinale ha sostituito Paolo con Zlatan Ibrahimvic ma, accusa Braida, lo svedese "non è un punto di riferimento, un uomo forte. Ibrahimovic non ha ancora le competenze e l'esperienza per essere un uomo forte, capace di dirigere un club, è solamente un comunicatore".
Capitolo giocatori: quest'anno il rendimento di leader e "veterani" come Maignan, Theo Hernandez e Rafa Leao è letteralmente crollato, chi più chi meno. Anche in questo caso, Braida li definisce "giocatori di talento, ma non sono dei leader in grado di unire la squadra e rilanciarla. E non hanno la costanza e la personalità per essere dei leader. Nessuno oggi lo è al Milan". La ricetta di Braida guarda all'Inter: "Prenderei 4-5 giocatori italiani. Ciò permette di creare una identità, e poi prenderei dei giocatori con carattere e personalità, è la cosa più importante". Il problema, in assenza di un direttore sportivo esperto e una catena di comando sportiva efficiente, è uno solo: individuarli.