Futuro rossonero

Milan umiliato, ecco chi spunta per la prossima stagione: ribaltone e nome clamoroso

Claudio Savelli

Il Milan di Conceiçao è durato giusto un sigaro. Acceso, assaporato, spento. La vittoria della Supercoppa è stata la più classica reazione del cambio di allenatore ma, come tutte le reazioni, se poi sotto non c’è nulla si torna all’andazzo di prima. Anzi, si fa perfino peggio. Conceiçao ha numeri inferiori rispetto a Fonseca: 1.4 contro 1.58 la media punti in campionato, 1.3 gol fatti contro 1.52, 1.3 subiti contro 1. Considerando la mediocrità del ritmo precedente, bisognava impegnarsi per peggiorare tutto, ma il Milan ci è riuscito. D’altronde, quando mancano le basi, si può solo sprofondare.

Il fatto che la società abbia incontrato ieri Igli Tare per discutere del suo ingaggio nel ruolo di direttore sportivo a partire da giugno è al tempo stesso una buona e una cattiva notizia. Buona perché il Milan ha forse capito che tipo di struttura dirigenziale deve darsi per fare calcio - una struttura classica, tradizionale, e non rock&roll come l’ha definita Ibrahimovic.

Cattiva perché di fatto si dà per chiusa questa stagione a inizio marzo, e allora le cose in campo non possono che peggiorare ulteriormente - e in questo senso va letto il post di ieri di Leao «Siamo soli contro tutto e tutti», un’accusa alla dirigenza di aver abbandonato allenatore e gruppo squadra a un nefasto destino.

Tare, fermo da quando non è più ds della Lazio, sembra il prescelto rispetto a Paratici e Berta (che preferiscono la Premier, in particolare l’Arsenal), ma non è questo il punto. Il punto è cosa sposta Tare nell’assetto dirigenziale del Milan. Sembra depotenziare Ibrahimovic invece, secondo noi, è l’esatto opposto. È lo svedese ad aver chiesto a Cardinale la disponibilità di ingaggiare un uomo di mercato più esperto e abile nelle trattative rispetto a Moncada e a Furlani. Né l’uno né l’altro sono abili a condurre trattative, il pane invece di gente come Tare, Paratici o Berta, ma il primo ha ottimi rapporti con Tare mentre il secondo non sembra averli più con Ibrahimovic. Già, Ibra non vuole più fare le veci del direttore sportivo che non c’è, non vuole più sporcarsi le mani nel mercato come successo a gennaio, non vuole più "abbassarsi" a quel livello perché non rientra nelle mansioni, nel ruolo e nella tipologia di contratto firmato a suo tempo.

 

È folle ma è così: Ibra non lavora per il Milan ma per Red Bird, quindi Cardinale, proprio per rimanere sopra gli altri dirigenti, giudicarne l’operato e riportare il tutto al proprietario. Non per caso il mercato di gennaio del Milan è stato Mendes-centrico, ovvero di accolta degli assistiti del superagente portoghese: prima Conceicao e poi Joao Felix che gioca sempre nonostante abbia fatto saltare quel poco di equilibrio che c’era in campo e nello spogliatoio, perché prima almeno le gerarchie nel reparto offensivo erano chiare. È stata una sessione di passaggio in cui il Milan non ha provato a portare a casa quanti più giocatori possibili per svoltare con Ibra che, di fatto, ha dovuto fare il direttore sportivo. Ha anche ammesso di averne risentito, solo che nessuno interpretò così le sue dichiarazioni: «Tutto davvero molto stressante. Ho capito quanto fosse bravo Mino (Raiola, ndr)», disse un mese fa. Intanto Reijnders, unica nota lieta di questa stagione disgraziata, ha firmato il rinnovo fino al 2030. Altro indizio per cui il Milan sta lavorando per il futuro più che per il presente. E va bene così: l’unico lato positivo di una stagione buttata via a marzo è che puoi portarti avanti per giugno.