Tas di Losanna

Jannik Sinner e il doping, Ahamad Nassar: "Messo in mezzo a una guerra politica e legale"

Roberto Tortora

Un endorsement importante per Jannik Sinner sulla vicenda Clostebol arriva, a due mesi circa dalla discussione del TAS di Losanna sul ricorso fatto dalla Wada, da Ahmad Nassar, il direttore esecutivo della PTPA (Professional Tennis Players Association), associazione dei giocatori con Novak Djokovic come punto di riferimento. In un lungo post su X, infatti, l’associazione vuol chiarire la propria posizione sul sistema antidoping generale e anche sul caso di Sinner, visto il coinvolgimento del giocatore.

La premessa di Nassar è questa: “Quando dico che l’intero sistema antidoping è ingiusto, ecco cosa intendo. Attenzione: questa è una lunga lista”. Quindi, punto per punto, il direttore esecutivo della PTPA spiega le discrepanze:

 

 

 

“1. Il sistema antidoping dovrebbe preoccuparsi di colpire i dopati. I dopati sono coloro che cercano di migliorare le proprie prestazioni tramite sostanze illegali.
2. I giocatori si preoccupano più di chiunque altro di questo e hanno bisogno di uno sport pulito e devono essere sicuri che i loro avversari giochino secondo le stesse regole.
3. Le sostanze illegali e le soglie di test per i risultati positivi devono essere strutturate, tenendo presente il punto 1.
4. Quanto detto nel punto 3, però non accade. Parliamo per lo più di quantità irrisorie, cose che in realtà non migliorano le prestazioni, ecc. Questo è l’inizio dell’ingiustizia per tutti.
5. Per complicare le cose, il processo di test antidoping è poco pratico e oneroso per gli atleti che viaggiano per il mondo. È irrazionalmente gravoso e, ancora una volta, apparentemente volto a colpire maggiormente chi commette “un fallo di piede” che doparsi davvero. Questo è anche ingiusto per tutti.
6. Poi entriamo nel dettaglio di cosa succede se qualcuno risulta positivo al test. Il sistema di appello deve funzionare per tutti ed essere coerente e fornire a tutti gli atleti il giusto processo e la possibilità di difendersi. Non si tratta di favorire i dopati, si tratta di un sistema che funzioni correttamente e sia legale.
7. In aggiunta al punto 6, dobbiamo notare che la PTPA funziona per tutti i giocatori. Il nostro compito non è esprimere un’opinione sulla colpevolezza o innocenza di un caso o di un atleta specifico. Il nostro compito è assicurarci che il sistema sia equo e funzioni per tutti. Un sistema rigoroso con un processo completo e risorse di difesa accessibili rende il punto 1 più realizzabile. Evita anche situazioni più sfortunate in cui i giocatori hanno la loro reputazione e carriera rovinate (troppi esempi da citare).
7. L’accesso alle risorse per organizzare una difesa adeguata è un problema da anni. Parte di ciò è naturale e rispecchia la società di tutti i giorni (ad esempio, le persone più ricche possono permettersi gli avvocati). Ma questo è anche ingiusto per tutti i giocatori: coloro che non possono permetterselo perdono l’opportunità di organizzare una difesa adeguata, mentre coloro che possono permetterselo devono spendere i propri soldi per farlo.

 

 

 

8. I sistemi di appello ITIA e WADA sono costruiti su queste (e altre) premesse imperfette. Ogni giocatore coinvolto nel loro sistema, anche quelli con risorse, è colpito da questa ingiustizia. Soprattutto considerando i mesi/anni che spesso ci vogliono per risolvere questi casi.
9. Nel caso specifico di Jannik Sinner, è stato messo in una situazione ingiusta. L’ITIA sostiene di aver seguito il suo processo e le sue regole. La WADA non è d’accordo e sente la necessità di respingere l’ITIA. Sfortunatamente, questo non è stato un risultato sorprendente per altre situazioni. Ciò non significa che siamo d’accordo con l’appello della WADA o con la decisione originale dell’ITIA (vedere il punto 7 sopra). Lui è, di fatto, coinvolto in una disputa politica/legale tra le due agenzie. E sta ancora aspettando da quasi un anno che ci sia un giudizio definitivo. Di nuovo, ciò è ingiusto.
10. Come spero sia chiaro ora, questo intero sistema è terribile per gli atleti (come gruppo e come individui), i tifosi e lo sport in generale. Deve cambiare”. ITIA e Wada hanno applicato differentemente il codice, con l'Agenzia mondiale antidoping che, a differenza dell’Internationa Tennis Integrity Agency, crede che il campione di Sesto Pusteria sia stato sì vittima di una contaminazione involontaria, ma che sia responsabile per gli errori del suo staff, dal momento che sul ‘datore di lavoro’ ricadono le colpe dei propri dipendenti.