Miserie

Jannik Sinner, i nomi degli sciacalli: chi sono i rosiconi che sperano nella squalifica

Leonardo Iannacci

Tra le immagini cult relative al trionfo sinneriano di Melbourne, ce ne è una molto indicativa: Jannik e Zverev sono spaparanzati sull’aereo che li riporta in Europa e il tedesco, seduto nella prima fila con il fenomeno di Sesto Pusteria alle spalle, dice: «Almeno questa volta sono davanti a lui!». Un post che la dice lunga sull’umanità e il clima che Jannik dispensa agli avversari quando stravince. Lui trionfa senza umiliare, piace a tutti e anche l’auditel della finale di domenica mattina lo conferma: sommando i dati di Eurosport a quelli di Nove, è stata vista da 3.5 milioni italiani (quasi 5 al momento del match-point) con un share del 33%. Dati di un trionfo che suggeriscono molte cose, anche ai coyotes sempre pronti a fare le pulci al nostro fuoriclasse: dal solito Nick Kyrgios, che dopo aver cavalcato l’affaire Clostebol ora tace, allo stesso Djokovic lesto a schierarsi contro Sinner dichiarando il suo tifo per Zverev. Per non parlare della Bild, il giornale tedesco secondo cui non si sarebbe dovuta giocare la finale «perché c’è un dopato in campo».

Sinner non si cura di questi gufi maligni e pensa solo al tennis: per la 34esima settimana è re del ranking Atp con 11.830 punti ed è più ricco di 2.100.000 euro (il prize money vinto a Melbourne). Quando lo rivedremo in campo? Non al torneo Atp 500 di Rotterdam, tornerà a Doha (17-22 febbraio), quindi si dedicherà ai 1000 di Miami e Indian Wells. Poi staccherà un attimo e aspetterà il 16 aprile, giorno in cui è fissato l’arbitrato al Tas di Losanna per il caso Clostebol. Tre giudici, uno scelto dalla famigerata commissione mondiale antidoping Wada, uno da Sinner e il terzo (ovvero quello che deciderà, alla fine) dallo stesso tribunale elvetico, chiuderanno per sempre il caso: Jannik potrebbe essere assolto o squalificato. Nel caso peggiore è possibile una pena pesante: 1 o addirittura 2 anni di stop. Così fosse, addio Roland Garros, Wimbledon, US Open e finali di Davis.

 

 

Nel mondo non sono pochi coloro che lo sperano e gufano Jannik, ragazzo educato gentile e, soprattutto, con la faccia pulita: «Vinco perché sono innocente», continua a dire. Alcune iene da tastiera lo stanno addirittura criticando perché non ha ancora assicurato la presenza al Quirinale, dove il presidente Sergio Mattarella celebrerà domani i successi del tennis azzurro nel 2024. «Devo ancora decidere...», ha detto Sinner. Oggi scioglierà il dubbio. La verità è che non sono poi neppure pochi i nemici subdoli che sperano in una sentenza del Tas a lui sfavorevole. A cominciare da alcuni suoi colleghi che tacciono ma nascondono invidie e rancori per i trionfi di questo alieno e per il successo globale dell’Italtennis che vanta ora 11 azzurri nella Top 100 maschile.

Charlie Eccleshare, su The Athletic, adombra un’ipotesi neppure tanto surreale che, in caso di squalifica di Jannik, riassume in tre punti interrogativi: Alcaraz perderebbe il più grande rivale e l’uomo che lo ispira a giocare il suo miglior tennis? Djokovic, in caso di stop di Sinner, riuscirebbe a fare suo il tanto sospirato 25esimo titolo Slam? E Zverev, fra l’altro coinvolto a suo tempo in un delicatissimo caso di violenza domestica intentato dalla ex compagna, Brenda Patea, con l’italiano squalificato vincerebbe finalmente uno Slam? Come dire: la grande dittatura di Sinner minaccia di oscurare per anni il cielo del tennis e, quindi, ai suoi avversari cinicamente non resterebbe che tifare per il Tas. A Losanna il giudice israeliano Ken Lalo patrocinerà le folli ragioni della Wada, Lord John Dyson è l’arbitro scelto da Sinner mentre Jacques Radoux, lussemburghese ed ex tennista, sarà il presidente del collegio arbitrale. Presumibilmente quello che, stando 1-1 l’arbitrato dopo gli interventi di Dyson e Lalo, dirà l’ultima parola su questa vicenda che sa dell’incredibile.