l'intervista
Jannik Sinner, il pagellone di Paolo Bertolucci: "Può migliorare", ecco l'unico 7
Paolo Bertolucci, ex azzurro della celeberrima squadra del 1976 e a suo tempo numero 12 del mondo, ora voce di Sky, non si stupisce più di quello che combina SuperSinner. Jannik compiuto l’impresa più difficile, quella di confermarsi campione: agli Australian Open ha disputato una finale perfetta contro Zverev, vincendo il terzo Slam in carriera.
Bertolucci, siamo di fronte a un alieno non solo a un campione, vero?
«Un alieno mai visto prima sulla terra. La forbice fra Jannik e gli altri tennisti si sta allargando Slam dopo Slam».
Sorpreso dalla padronanza con la quale si è liberato in tre set di Zverev?
«Affatto. Me la aspettavo perché questo ragazzo è un numero 1 nel cuocere a fuoco lento l’avversario, prima mentalmente e poi tatticamente».
Quello che ha fatto sin dalle prime battute?
«Infatti: pronti via, un ace. Poi è arrivato il break.
Poi il martellamento sul dritto del tedesco che non funzionava. Poi ci metti un nastro fortunoso e la dittatura si è concretizzata».
Il punteggio mortificante per il tedesco è fedele di quello che si è visto?
«È stato lo specchio del dominio».
Zverev ha provato a strappargli il secondo set ma...
«Ma ha capito che non c’era trippa per gatti, lo si leggeva negli occhi. Lui stava andando a 300 all’ora, era a tavoletta, Sinner palleggiava e vinceva i punti con un filo di gas».
Come vince Sinner?
«Stritolando di testa l’avversario. Per questo non mi ricorda tanto Federer o Nadal ma Djokovic. È il Nole del futuro e lo stiamo dicendo ormai da un anno».
Sinner di due stagione fa non era così forte, però.
«Beh, allora dicevano che non sapeva servire prime palle decenti e neppure andare a rete. Stare zitti, mai, eh?».
Il servizio è la sua coperta di Linus?
«Direi il suo bazooka, ormai. Non avrà la prima palla di Ivanisevic ma nel circuito si fa rispettare come un vero numero 1 se occorre una bella prima».
Zverev, l’eterno perdente?
«È un ottimo giocatore che, però, ha perso tre finali di Slam su tre».
Jannik ne ha vinte tre su tre.
«Per questo dico che è un squalo».
Il pagellone, colpo per colpo, del Sinner 2025?
«Allora, rovescio 9 pieno. Dritto fra l’8 e il 9 come il servizio, soprattutto per le rotazioni delle seconde palle che mettono in difficoltà gli avversari. Gioco a rete, migliorabile, 7. Dropshot 7+».
Taluni sostengono: Alcaraz e Rune sono i suoi prossimi rivali, lo raggiungeranno avendo due anni in meno e margini di miglioramento che Sinner non ha più, essendo già al top.
«Sciocchezze. Un tennista di 23 anni può ancora migliorare, trovare nuove soluzioni nei colpi, perfezionarli. Prendete le palle corte con cui risolve certi scambi, mesi fa mica le tentava».
Ora Roland Garros e Wimbledon.
«Calma. C’è la stagione americana sul veloce, poi la terra battuta».
Ma lo slam parigino è alla sua portata?
«Direi più Wimbledon dove ha già dimostrato di poter arrivare lontano».
La terra rossa resta l’ultimo ostacolo serio da superare?
«Lì si gioca un altro tennis e la terra va domata ma con la forma che ha Jannik non avrà timore di adattare il suo tennis spaziale a quella superficie. Tra l’altro ci tiene moltissimo a vincere a Roma. E, poi, ovviamente a Parigi».
E Wimbledon?
«Sull’erba si trova nel suo secondo giardino dopo il cemento. Sarà il primo italiano a giocarsi tutto in una finale dei Championship. Ha le qualità per farcela».
Però c’è un certo 16 aprile in mezzo e l’arbitrato presso il Tas di Losanna per l’affaire Clostebol resta una spada di Damocle sulla testa di Jannik.
«Non voglio neppure pensare a cose brutte, cioè a una lunga squalifica. Speriamo solo che il terzo giudice, quello del Tas al quale verrà affidata la decisione finale se fermare Jannik o meno per l’affaire Clostebol, decida bene. Sarebbe una vera ingiustizia».