Il ricordo

Rino Tommasi, le sue frasi che hanno fatto la storia

Fabrizio Biasin

Per descrivere vita, opere e miracoli del giornalista, conduttore, telecronista, impresario di boxe conosciuto con il nome di Salvatore “Rino” Tommasi, non basterebbe un’enciclopedia, motivo per cui eviteremo di snocciolare la rava e la fava (sì, con Gianni Clerici a fianco è stato il re indiscusso del tele-racconto tennistico e, sì, ha fatto lo stesso anche con la boxe) e baderemo al sodo. Rino Tommasi (Verona, 23 febbraio 1934) se n’è andato a 90 anni e non si vedeva da un po’. Sono le condizioni tipiche di chi lascia questa terra nella semi-indifferenza. «Ti ricordi di Tommasi?». «Ah, quello del tennis...». «Ma non era boxe? Boh». Con lui è andata diversamente. È morto, siam saltati fuori tutti come grilli: «Minchia, Tommasi, il più grande».

Ecco, quando se ne va “un grande” si dice sempre che era “il più grande” per recitare la parte, nel suo caso invece sono molte le possibilità che fosse davvero così. E questo perché aveva unito passione e professione. E questo perché sapeva scherzare di tutti e di se stesso. E questo perché era maestro di sentenza. E questo perché twittava quando ancora twitter non esisteva. E questo perché oggi non esiste produzione sportiva che non contempli “lo statistico”, il tale che snocciola dati e curiosità in puro stile Rain Man, solo che lui tutte queste cose le faceva nell’era pre-internet quando qualunque cosa era molto più complicata ma anche molto più ben fatta. E questo perché faceva il giornalista quando fare il giornalista significava andare in giro, osservare, riportare a voce o su carta. Tipo che se volevi raccontare l’Australia dovevi andarci, in Australia, mica «facciamo da qui che è lo stesso».

 

La sua grandezza si bastava da sola ma messa insieme a quella di Gianni Clerici si trasformava in qualcosa di più grande. Un po’ come unire il pane alla Nutella. Gianni chiamava Rino “Computerino” e lo prendeva un po’ per il culo, Rino chiamava Gianni “Dottor Divago” e lo prendeva per il culo a sua volta. Si sfottevano anche sui temi politici (Tommasi non ha mai nascosto la sua simpatia per la destra) e questa loro goliardia arrivava alla gente ed era la prova provata che godevano nel fare il mestiere più bello del mondo, quello di “narratore di emozioni”.

Sul finire di questo brevissimo ricordo in cui non vi abbiamo descritto i suoi molteplici giri del mondo per farci innamorare del tennis (nell’era pre-Sinner non era così facile) e della boxe (negli Anni 80 lanciò il programma Mediaset di ottimo successo, La grande boxe) concedeteci di riportare alcune delle sue uscite tipiche: «Il mio personalissimo cartellino», «Circoletto rosso», «Non siamo qui a vendere tappeti», «Punteggio isoscele», «Lo sport è come un armadio e io ho le chiavi». Se esistesse una “scala di valori del giornalista sportivo” si misurerebbe in modi di dire lasciati ai posteri. Rino ce ne ha donati mille.