Gli sportivi
Jannik Sinner, la bordata di Alex Schwazer: "Certamente innocente, ma le sanzioni non sono uguali per tutti"
Anche lui col doping ha avuto a che fare, soffrendo una lunga squalifica, arrivata prima di Rio 2016, che gli ha compromesso la carriera. Alex Schwazer ora guarda avanti, al futuro, ed è dalla parte di Jannik Sinner credendo abbia dei buoni motivi per scamparla al Tas di Losanna nella vicenda sulla sua contaminazione indiretta al Clostebol. Tutto questo lo ha detto nel corso di una lunga intervista a La Repubblica: "Voglio entrare nel mondo del calcio — le sue parole —. Questo è uno sport di squadra giocato da singoli. Voglio diventare preparatore atletico e mettere la mia esperienza al servizio di un ambiente nuovo".
Per l’ex marciatore altoatesino, che si è lasciato alle spalle l'esperienza nell'atletica leggera dopo il tentativo di rientro avvenuto la scorsa estate ad Arco di Trento. La sua battaglia contro la Wada è durata anni tra processi, sentenze, ricorsi: “La Wada si è chiesta a un certo punto ‘Ammettiamo che c’è stato un errore o restiamo sulla nostra linea?’. La manipolazione delle provette è un evento possibile, come abbiamo visto con i russi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. E poi c’è gente che per la stessa sostanza prende un anno, due, otto o anche niente. La disparità è anche economica: il sistema costa troppo, non puoi difenderti. Una persona normale molla anche se non vorrebbe”.
Del caso Jannik Sinner l’idea che si è fatto “è che si tratta dell’esempio classico di come le sanzioni non siano uguali per tutti — ha detto Schwazer —. Sinner può permettersi di difendersi da solo, altri sono morti sportivamente in silenzio, condannati per la stessa sostanza e modalità assai simili. Jannik è certamente innocente e gli innocenti non devono mai prendere squalifiche: ma essere innocenti o no, a livello di giustizia sportiva e antidoping, conta zero. La politica è tutto, in questo mondo”. La Federtennis sta difendendo Sinner, cosa che la Fidal invece non ha fatto nel caso di Alex: “La Fidal è sempre restata in silenzio per tutelare il resto degli atleti — ha aggiunto — È una scelta: se alzi la voce possono esserci ritorsioni. E il motivo è sempre quello: c’è troppa politica nello sport”.
Storico è stato l’addio dall’ex allenatore Sandro Donati, da cui si è allontanato, tornato in Fidal dopo diversi decenni: "Voglio uscire dai soliti schemi — ha concluso —. Credo molto nell’interscambio di opinioni tra varie discipline. Se stai sempre nel tuo ambiente e vedi sempre le stesse cose non vai oltre. La mia strada è un’altra. Sento dentro di me una cosa che mi motiva fortemente, e quando è così io vado dritto. Donati è stato un precursore in quello che voglio fare io: ha allenato atleti di sport molto diversi. Questo sta avvenendo sempre più spesso: nel ciclismo, ad esempio, la Visma di Vingegaard ha preso l’allenatore del nuotatore Leon Marchand, la Red Bull di Roglic il mental coach di Verstappen".