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Gustav Thoeni, le sentenze: "Goggia è bionica, Jannik Sinner come Tomba"

Leonardo Iannacci

Gustav Thoeni, lei fu leader della mitica Valanga Azzurra: da leggenda dello sci, cosa pensa del fenomeno Sofia Goggia?
«Che è bionica: a 10 mesi da un terribile incidente per il quale molti si sarebbero ritirati, cosa ha fatto Sofia? Ha rivinto una gara di coppa del mondo. Ma non uno slalom, un SuperG. E dopo il secondo posto in libera di 24 ore prima».

E come ha vinto...
«Da grandissima, ha avuto solo una piccola incertezza su un saltello ma non ha perso mai velocità ed è scivolata via come prima dell’infortunio. Questo è il segnale più bello».

La danno sempre per finita e lei rinasce. Dettaglio da...
«Da fuoriclasse assoluta. Campioni ce ne sono tanti nello sport, fuoriclasse pochi. Chi inizia a sciare ora dovrebbe tenerla come esempio».

Sofia in tre aggettivi.
«Talentuosa, forte atleticamente, cocciuta nel senso buonissimo del termine».

Cosa e chi può temere?
«Soltanto la malasorte, gli infortuni che non le hanno tregua».

 

 

 

In arrivo c’è un weekend bollente di gare a St. Moritz con due SuperG, poi nel 2025 ci saranno i mondiali dal 4 al 16 febbraio.
«Si disputeranno a Saalbach, dove feci la mia ultima gara nel 1980. Partiamo dalle ragazze: Sofia, se continua così e la sfortuna la lascia tranquilla, può far di tutto in tre discipline».

Si profila una Valanga Rosa?
«Beh sì, Goggia-Brignone-Bassino sono un tridente che molti ci invidiano. Ma la Valanga Rosa esiste già da tempo».

Fra i maschi la punta resta Dominik Paris, a 35 anni.
«È un fenomeno da studiare, scia come ne avesse 25. Alla sua età ero già in pensione».

Veniamo alla Valanga Azzurra della quale lei è stato il fondatore, l’ideologo: è diventata un docufilm che si potrà ammirare su Rai3 il 30 dicembre.
«All’epoca nessuno di noi avrebbe pensato di finire, mezzo secolo dopo, in questo bel film: sciavamo e cercavamo di battere i rivali. Stop».

Che erano sempre gli austriaci, i francesi e gli svizzeri, vero?
«Diciamo che abbiamo rotto la loro supremazia. E abbiamo messo sugli sci mezza Italia con le nostre vittorie».

Di quella Valanga che vinceva tutto lei era il Re Silenzioso.
«Riservato, direi. Sono nato a Trafoi e papà faceva il maestro di sci. Anche mamma era del settore. Siamo fatti così e non amiamo apparire. Però sono orgoglioso di questo film».

Vi rendevate conto di quello che stavate combinando anche sul piano socio-culturale? Eravate l’alter-ego della squadra azzurra di tennis con Panatta e soci. Lo sport stava diventando anche cultura.
«Eravamo consapevoli di quello che avevamo portato al nostro sport. In quegli anni 4 milioni di italiani iniziarono a sciare e nacque la Settimana Bianca nelle scuole».

Quando iniziò la leggenda della Valanga Azzurra?
«Vinsi la prima Coppa del Mondo nel 1971 a 20 anni e le Olimpiadi l’anno dopo, gli altri azzurri mi vennero dietro. Ne approfittavo perché i principali avversari erano italiani come me. Ero costretto a migliorarmi sempre».

Il diapason di quegli anni fu lo slalom parallelo che le consegnò la quarta Coppa del Mondo, nel 1975. Battè un certo Ingmar Stenmark.
«Bisogna essere onesti: lui cadde, perse Ingmar il parallelo. Io ne approfittai».

 

 

 

Lei e Pierino Gros come Rivera e Mazzola, all’epoca?
«Rivali solo in pista, fra noi mai un litigio, uno sgarbo. Ci siamo migliorati a vicenda, come Nadal e Federer».

Lei smise prestino, neanche trentenne, ma lasciò in eredità al mondo dello sci il leggendario passo-spinta, tutti la imitarono.
«In realtà era un semplice accorgimento tecnico che usavo per curvare meglio in slalom velocizzando l’azione e guadagnando quei millesimi che facevano la differenza».

Dopo il ritiro incappò, nelle vesti di allenatore, in un certo Alberto Tomba.
«Lui di città e io di montagna, lui estroverso e io introverso. Ci siamo adattati facendo un patto per gli allenamenti mattutini: Gustav, mi disse Alberto, all’alba no, facciamo un’oretta dopo e smettiamo un’ora dopo? La verità è che di atleti come Alberto o come Sinner ne nascono uno ogni 30 anni».

Lo sa che Sinner ha iniziato con lo sci?
«Certo, è nato in Val Pusteria e andava come un trenino fra le porte. Poi a 7-8 anni ha scelto il tennis e mi sembra abbia fatto bene, no?».