L'intervista
Inter, Alessandro Bastoni esce allo scoperto: "Voglio un'altra finale di Champions"
Alessandro Bastoni, che belva si sente?
«Ok, mi alzo e me ne vado alla Mammucari...».
Per carità! Da 1 a 10 quanto sei soddisfatto della tua stagione e di quella dell’Inter in generale?
«Direi 8 per entrambi. Siamo partiti un po’ a rilento perché non esiste più distacco tra una stagione e l’altra. A livello mentale non è stato facile recuperare e questo ha influito. Ci siamo ripresi bene e alla fine posso dire che ad agosto avremmo messo la firma per essere in questa situazione di classifica tra Champions e campionato».
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L’altro giorno è arrivata la prima sconfitta in Europa.
«Un ko non è mai facile da digerire, ma a casa ho ripensato a tutto: basta guardare dove sono Bayern, City o Real per capire che stiamo facendo un buon percorso».
Forse avete abituato tutti troppo bene...
«Sì, ma è una nostra responsabilità: se abitui tutti all’eccellenza poi devi essere bravo a mantenere quello standard. Dopodiché è evidente che non possiamo vincere tutte le partite».
...e nemmeno giocarle tutte. Ormai siete sommersi di impegni. Proprio tu a inizio stagione hai fatto intendere che con l’infortunio di Buchanan e lo spostamento di Carlos serviva un tuo sostituto.
«È impossibile giocare sempre, così come è sbagliato far prevalere l’egoismo personale. Oltre che controproducente. Ci abbiamo messo un po’ a capirlo ma ci siamo arrivati».
Eppure c’è chi contesta il turnover “scientifico” di Inzaghi e dice «Bisogna far giocare di più i titolari!». «Impensabile. Anche perché non è umano riuscire ad essere sempre al 100% a livello nervoso. E se non lo sei, la squadra va in difficoltà. Il riposo è indispensabile».
Cinque anni fa avresti pensato che il tuo ruolo sarebbe diventato questa cosa qua? Tu tecnicamente sei un difensore, ma giochi buona parte delle tue partite da centrocampista aggiunto.
«Ho iniziato la mia carriera con Gasperini che già faceva queste cose con Toloi e Masiello, poi a Parma sono tornato a fare il difensore puro. È con Inzaghi che questa cosa è esplosa ed è diventata il massimo...».
...e ti diverte...
«Sì perché mi permette di essere parte del gioco in tutti i sensi. Poi è chiaro che puoi farlo negli impianti in cui tutti e 11 ragionano alla stessa maniera».
Ha senso oggigiorno parlare di 3-5-2, 4-3-3 e così via?
«Assolutamente no. Lo abbiamo visto proprio contro il Bayer. Loro ci assomigliano molto, con Frimpong e Grimaldo che entrano, disfano, fanno...».
Qualcuno ha detto: «A Leverkusen l’Inter è entrata in campo per cercare il pareggio».
«Non è così. Si entra in campo sempre per vincere. Con la palla tra i piedi loro sono i più forti, anche del City. E noi di sicuro non eravamo nella nostra miglior giornata».
Hai parametri al top un po’ ovunque: ti senti uno dei più forti nel tuo ruolo?
«Se parliamo di “terzo” e di interpretare il calcio in questa maniera così moderna, ti dico di sì».
Fammi il nome di uno più forte dite.
«Non so se è più forte di me, ma mi piace tanto Gvardiol del City».
Si è parlato tante volte di Bastoni «cercato dai club più importanti al mondo», dal Real in giù. Confermi?
«Qualcuno mi ha cercato, ma ho sempre dato massima priorità all’Inter. C’è una vita oltre al calcio e la mia famiglia sta benissimo qui. Gioco in un’Inter al top che lotta per vincere in ogni competizione, non ho mai avuto mezzo pensiero sulla necessità di dover cambiare».
Dumfries settimana scorsa ha rinnovato il suo contratto e - caso rarissimo - ha detto «Ci abbiamo messo un po’ perché i soldi sono importanti».
«Ha ragione Denzel. Sono una parte importante del nostro mestiere. Abbiamo carriere che non durano in eterno e uno dei nostri obiettivi è mettere da parte il più possibile. Ma conta soprattutto stare nel posto in cui vuoi stare. E io voglio stare qui».
...magari anche nel ruolo di centrale della difesa, dovesse servire.
«Sì, lo faccio già in Nazionale. In fondo dipende come interpreti il ruolo. Io cerco sempre di mettere la mia impronta. Dovesse servire non sarebbe un problema».
Dimmi un pregio e un difetto di Simone Inzaghi.
«Pregio: riesce a far sentire tutti parte del gruppo e fondamentali alla causa. Quanto al difetto, non saprei... Forse abbiamo avuto un problema iniziale nel dover comprendere il suo calcio, ma è stato più una difficoltà nostra, venivamo da Conte che è completamente diverso».
A proposito di Conte: secondo te dopo Inter-Napoli ha detto quello che ha detto per il bene del calcio o perché pensa che siete i più forti?
«Ovviamente per il bene del calcio e dell’umanità! (sorride ndr) ...Conosciamo bene il mister, sa che siamo la squadra favorita e ha provato a destabilizzare un po’ l’ambiente».
Si racconta che al tuo primo anno di Inter ti convinse a restare. È vero?
«Sì, l’ho quasi pregato di andar via perché c’erano Godin, Skriniar, De Vrij... Ho pensato “cosa resto a fare qua?”. È stato lui a insistere e mi ha trovato spazio».
Rispondi a questa: devi scegliere tra la certezza dello scudetto numero 21 o la finale di Champions a Monaco di Baviera.
«La finale di Champions! Assolutamente».
Vorresti rigiocare la finale di Istanbul o l’agghiacciante Italia-Svizzera all’ultimo Europeo?
«La finale di Champions. È una ferita troppo aperta».
Cos’è mancato lì?
«Eh, un pizzico di fortuna e un po’ di consapevolezza che ancora non avevamo. Ora sappiamo di essere a quel livello».
E ora dimmi: chi vince lo scudetto?
«Spero e ti dico noi».
La squadra più forte in Europa?
«Al momento il Liverpool, ma penso che possiamo giocarcela veramente con tutti».
Ti stuzzica il nuovo Mondiale per Club?
«Penso sia una bella competizione... soprattutto rispetto ad altre. Al limite è il periodo che dà fastidio, tra giugno e luglio con quelle temperature, ma come competizione è stimolante».
Qual è il segreto del vostro gruppo?
«Penso che sia importante il fatto che ci sia una nutrita colonia italiana, prima i Ranocchia e i D’Ambrosio, oggi tutti gli altri. Per chi arriva è più facile capire quali sono le regole e come ci si deve comportare».
Tra le tante, questa è l’Inter che gioca il più bel calcio di sempre?
«Non so se è la migliore Inter, ma guardo tante partite e non vedo così spesso squadre che giocano a memoria e si trovano così bene l’uno con l’altro come noi. Siamo consapevoli di questa cosa: non è arroganza, è un dato di fatto che ci spinge a tenere alto il livello».
Puoi rubare una qualità a un tuo compagno. Chi e cosa scegli?
«Siamo tutti complementari, ma se proprio devo farti un nome dico Calhanoglu e la sua capacità nel sapersi adeguare a ogni situazione».
E la tua miglior qualità?
«Saper uscire dal basso in situazioni complicate».
Tanti dei vostri avversari tendono a scaricare su di voi ogni responsabilità: «L’Inter è la più forte e deve vincere lo scudetto». Questa cosa vi infastidisce o vi gratifica?
«Ci gratifica. Ci piace avere questa responsabilità».
Ci sono tuoi compagni di squadra meno utilizzati che vengono criticati aspramente. Come vivete queste cose?
«All’esterno è difficile far capire l’importanza di tutti, ma noi la conosciamo perfettamente. Ho smesso di leggere commenti e cose negative che arrivano da fuori, l’importante è che all’interno della squadra tutti si sentano importanti».
Quanto è bello “essere calciatore”? Cioè, sono solo vantaggi o c’è anche qualche rottura di balle?
«Allora, qui è difficile rispondere perché giustamente c’è chi ti dice “io lavoro in fabbrica 10 ore” e ovviamente non c’è paragone. Ma se parliamo di “vita” posso dirti che io sono fuori casa 4 o 5 giorni a settimana, così l’aspetto familiare viene meno. In più, appena sbagli qualcosa la gente ti massacra. Poi è normale, se parliamo di stipendio è tutto stupendo».
In chiusura per cortesia sfatiamo la leggenda metropolitana del giocatore ignorante che pensa solo al calcio. Cosa fai quando non ti alleni o giochi?
«...Un bel niente! (risata grassa). No dai, ovviamente sto con la mia famiglia. La verità è che abbiamo pochissimo tempo da passare insieme e lo dedico il più possibile a mia moglie e mia figlia».