Terza incomoda
Atalanta da scudetto: rosa, l'esperienza di Gasperini e se Zaniolo...
L’Atalanta voleva essere da scudetto quest’anno. Quindi il fatto che lo sia davvero non la stupisce: ecco perché Gasperini ha iniziato a cavalcare la parola magica anziché a respingerla, dicendo che «i tifosi devono sognare», mantra ripetuto anche post-Roma dal vice Gritti.
È l’ennesimo capolavoro gestionale dei Percassi, anzi forse è l’opera magna - a prescindere dal fatto che il titolo arrivi o meno - dato che l’estate è andata tutta per il verso sbagliato rispetto ai piani iniziali, e la dirigenza ha dovuto improvvisare qualche acquisto. Si fa male Scamacca? Prendiamo al volo Retegui. Koopmeiners si ammutina?
Con quei soldi prendiamo Bellanova e ci mettiamo dentro pure Brescianini e Samardzic. Ci serve esperienza? Dentro Rui Patricio e Cuadrado last-minute un po’ come gli altri di cui sopra, motivo per cui la partenza è stata zoppicante. Per la prima volta in età gasperiniana, l’Atalanta aveva deciso di non vendere nessun titolare. Di non fare plusvalenze importanti. Hanno provato in tutti i modi a convincere Koopmeiners, spiegandogli che la Dea sarebbe stata da scudetto ben più della Juventus, ma l’olandese non ne ha voluto sapere e allora si è verificata la grande cessione anche stavolta. Ma non era prevista nella stretta di mano tra Gasperini e i Percassi avvenuta in quelle riunioni fiume nei giorni successivi alla vittoria dell’Europa League. Le ricordate? Gasp era ingolosito dalla corte del Napoli che lo preferiva a Conte, alla fine è rimasto non per soldi ma per la promessa della proprietà: teniamo tutti e ci proviamo. Poi, a differenza di Conte, non se ne è andato alla prima difficoltà, e lì è cominciata questa storia.
CERTEZZE
La storia di un’Atalanta da scudetto perché sa vincere - l’Europa League ha sbloccato consapevolezza - ma anche perdere. Le sconfitte clamorose come quella subita dall’Inter (4-0) a inizio annata non ne scalfiscono le certezze, e questo accade solo alle squadre “in missione”. Ecco, per la prima volta la Dea è in missione da inizio stagione, mentre di solito costruiva gli obiettivi strada facendo, guardandosi intorno e calibrando il proprio valore dopo le grandi prestazioni come quella contro il Liverpool che è stata la svolta per l’Europa League.
L’Atalanta è da scudetto non tanto per i numeri (otto vittorie consecutive per la seconda volta nella sua storia in A dopo le nove tra febbraio e luglio 2020, nel momento d’oro di Papu-Ilicic) ma per come li raggiunge. Ha imparato a vincere non solo quando gioca da Atalanta. E ha imparato a gestirsi, a preservarsi. Non va sempre a cannone, come si tende a dire, ma riesce anche a rallentare. O meglio, a rallentarsi.
Ora ha pure le riserve “da scudetto” e Gasperini, che è uno dei tecnici meno inclini al turnover, ne è perfettamente consapevole. All’Olimpico toglie Retegui, il capocannoniere del campionato, Lookman e De Ketelaere e mette Samardzic, Brescianini e Zaniolo. Il calcio premia questi atti di coraggio, infatti le deviazioni aiutano De Roon e Zaniolo a segnare i due gol. Quest’ultimo, già che lo citiamo, è l’ennesimo reprobo che Gasperini trascina fuori dalla penombra professionale. Ci ha messo di più del solito e ha pure dubitato di riuscirci, ma ecco i primi segnali.
E se pensiamo al fatto che Zaniolo finora abbia dato poco o nulla (era il primo gol in campionato, dopo quello in Champions), possiamo immaginare la profondità dell’Atalanta una volta che sarà davvero rivitalizzato, senza dimenticare che Scalvini è tornato a giocare e Scamacca sembra poter bruciare le tappe (altro miracolo di Zingonia) e tornare tra febbraio e marzo, quando il gioco si farà duro e l’Atalanta sarà certamente lì a giocare.