Tra le grandi

Inter, dalla squadra alla società: perché il modello (vincente) spaventa l'Europa pallonara

Pasquale Guarro

C’è un passato che il tifoso interista ha dimenticato o rimosso, eppure è lì, dietro la prima svolta superata, vicinissimo, ancora a portata di sguardo. Tutto reperibile a occhio nudo, visto che basta tornare con la memoria al 2021 per ricordare quanto l’Inter, per anni, avesse smesso di contare qualcosa in Europa. Tuttavia, se quattro anni vengono percepiti dall’ambiente come un’eternità, è perché nel frattempo ad Appiano Gentile hanno portato avanti una rivoluzione mentale e tecnica, una rapidissima scalata verticale. Dopo l’1-0 maturato a San Siro contro il Lipsia, i nerazzurri si sono piazzati al primo posto su 36 squadre partecipanti, un risultato che non possiamo definire frutto del caso se di mezzo c’è addirittura una finale raggiunta e giocata alla pari contro il City di Guardiola.

Il tutto, in un contesto di autofinanziamento e investimenti mirati, con almeno la cessione di un big all’anno, fatta eccezione per la scorsa estate. Se non è un miracolo sportivo, poco ci manca. E se parliamo di investimenti mirati è impossibile non menzionare Piotr Zielinski, centrocampista ex Napoli arrivato a parametro zero, un altro di quei colpi che garantiscono stabilità al progetto tecnico dell’Inter, per qualità ed esperienza. Il polacco è stato il migliore in campo martedì sera, segnale che dopo un avvio così così, anche lui inizia a smaltire i carichi di lavoro.

 

Ma la cosa impressionante di questa Inter probabilmente è proprio questa, visto che a Zielinski potremmo aggiungere Bisseck, de Vrij e Dumfries (ieri il rinnovo al 2028 dell’olandese), seconde linee che però in Champions stanno offrendo risposte incredibili. L’unico che sta mancando è Taremi, l’iraniano è troppo assente dalla zona gol per essere considerato nelle gerarchie il 3° attaccante del gruppo, ma se si sblocca...

E allora le prospettive diventano interessanti, perché così come è strutturata, l’Inter, può veramente anche arrivare in fondo a questa Champions. Un pensiero che si rafforza quando avversari come Dembélé, uno che ha giocato al Barcellona, parla dell’Inter in questi termini: «Il calcio italiano è cambiato, non fanno più il catenaccio di una volta. Guardate per esempio l’Inter, giocare contro di loro è molto difficile. Adesso sono forti, sono davvero molto forti». Quello nerazzurro è un progetto che Beppe Marotta intende sostenere con l’aggiunta di nuovi asset, rispettando le linee guida imposte dalla nuova proprietà, la quale punta al autofinanziamento, al ringiovanimento della rosa e a un tetto ingaggi meno corposo. La sfida è suggestiva e va affrontata con la massima urgenza e serietà, sostenendosi anche su progetti come quello della seconda squadra e del nuovo stadio.

A tal proposito, proprio Beppe Marotta ha affrontato la tematica in occasione dell’evento Sport Talk Industry: «La sostenibilità è il primo obiettivo che i nuovi proprietari si pongono e passa dalla valorizzazione delle risorse e dal contenimento dei costi. Cerchiamo di farlo restando competitivi. Abbiamo sviluppato una forza maggiore rispetto a prima, nell’ambito delle strutture. Il nuovo stadio? Non ho seguito la vicenda stadio concretamente, se ne è occupato Antonello per tanti anni. Da presidente non posso tirarmi indietro, oggi lo stadio rappresenta aspetti importanti per valorizzare il senso di appartenenza di un club, è la casa di una società ed è un luogo di aggregazione. Oaktree come Elliott e RedBird hanno capito l’importanza dello stadio, è giusto cercare di arrivare a una conclusione».