Ombre

Jannik Sinner, le parole inquietanti di Darren Cahill: "Una nave diretta verso un iceberg"

Roberto Tortora

Prima che le ATP Finals di Torino prendano il via, è il tempo delle parole e dei racconti e stavolta tocca ad uno degli allenatori di Jannik Sinner, Darren Cahill, fare un punto (intervistato da Repubblica, ndr) sullo straordinario anno vissuto dal campione italiano, oggi al n.1 del ranking mondiale nonostante la spinosa vicenda doping di Indian Wells: “Se ha vinto tanto è perché sa di essere innocente. La sostanza trovata non ha nulla a che fare con il doping, lo scrive la Wada. La sua qualità? Processa informazioni e le trasforma in azioni”.

Come sta Jannik? Cahill è sereno: “Arriva a Torino da un anno bellissimo, pieno di lezioni da imparare. Jannik si è dimostrato maturo e resiliente: non avrebbe vinto tanto, sennò, con i picchi di qualità assoluta che ha avuto. Si è comportato in un modo che non dimostra affatto i suoi 23 anni. Jannik è d’ispirazione anche per me, che pure sono un coach navigato. Tutti parlano del team che lo circonda, quanto siamo importanti per lui. Ma è vero anche il contrario: il leader è lui, è lui che traccia la via”.

 

 

 

La domanda che tutti si fanno è sempre la stessa, cioè chi sia più forte tra Sinner e Alcaraz, Cahill risponde diplomaticamente: “Ho troppo rispetto per Carlos, il suo coach e il mio giocatore, che è l’ultimo che allenerò nella mia carriera. Non dirò mai che Sinner è meglio di Alcaraz, né viceversa. Se si ritrovassero in finale farò il tifo per Jannik e mi godrò lo show”.

Poi, il racconto del Sinner-talento: “Ci sono giocatori conservativi, che non amano cambiare il proprio tennis per la paura di fare passi indietro. Jannik è l’opposto: non teme di perdere un paio di match nel tentativo di implementare il suo gioco. In questo ambiente è raro, mi creda. Il suo superpotere è non aver timore di migliorarsi. Oggi sa giocare in 5-6 modi diversi, sa chiudere il punto col servizio, a rete, giocando sulla riga e dietro la riga, sa usare il drop shot, lo slice, il back. Non sa solo picchiare forte: lo sa fare con intelligenza”.

 

 

 

I cosiddetti progetti per il futuro, cioè per il 2025? Cahill accenna novità: “Cambieremo qualcosina. Il passaggio Miami-terra quest’anno è stato troppo brusco, lo prepareremo meglio, anche per non rischiare infortuni. Tutto continuerà a ruotare intorno agli Slam. L’Atp non ci facilita la vita allungando i Master 1000: alcuni durano due settimane. Così non è facile riposarsi: faremo delle scelte. Jannik deve anche completare la crescita fisica. C’è da dire che si fida molto di me e Simone Vagnozzi”. Dopo le Finals, la Coppa Davis e Cahill è sicuro: “Se sta bene fisicamente, la sua presenza a Malaga non è in dubbio”.

È tempo anche di rivivere il momento più brutto dell’anno, lo scandalo doping: “La mail dell’Itia è arrivata a Alex Vittur, che l’ha comunicato a Jannik. È tutto nelle 33 pagine della sentenza di proscioglimento. Quello è stato letteralmente uno choc. Umberto Ferrara e Giacomo Naldi sono stati a lungo due eccellenti membri del team: il loro errore è stato un fulmine a ciel sereno. Del tutto insolito rispetto alla professionalità dimostrata fin lì. Nessuno all’inizio riusciva a capire. Abbiamo saputo della positività prima di Montecarlo. La priorità, subito, è stata capire cosa fosse successo. E lì è emerso l’errore non intenzionale di Umberto e Giacomo. A quel punto è partito il procedimento con Itia e Sport Resolutions. Dopo Wimbledon, Ferrara e Naldi non hanno più lavorato con noi. Ci sentivamo su una nave diretta verso un iceberg: dovevamo capire come navigargli intorno. Ma non c’è rancore per Umberto e Giacomo”.

Paura per una squalifica del TAS? Cahill ha già la ricetta: “Qualsiasi cosa succederà, Jannik l’affronterà con la solita maturità e compostezza. E noi faremo di tutto per proteggerlo. Il tennis è il suo posto sicuro, la sua bolla: in campo si diverte, sente che non può succedergli niente di male”. Per congedarsi bene, infine, la rievocazione degli Australian Open: “A Melbourne. Il primo titolo Slam, una finale vinta in quel modo, rimontando due set a zero a Medvedev. Quel dritto lungolinea sul match point… Ho i brividi a parlarne ancora oggi”.