Il campione triste

Jannik Sinner settebellezze, lo sfogo dopo Djokovic: "Ho perso un po' il sorriso"

Paolo Macarti

All’ultima palla vincente, Jannik non ha esultato come altre volte. La 17esima vittoria in un torneo Atp, la settima del 2024, l’ha colto un po’ intimidito quando si è avvicinato alla rete e ha guardato Nole quasi timoroso per il 7-6, 6-3 rifilatogli in soli 97 minuti di gioco, sotto gli occhi di Federer e Alcaraz. Ma quando Djokovic gli ha sorriso per complimentarsi, Sinner si è sciolto, liberato dai sensi di colpa per aver battuto una leggenda «davanti a un’altra leggenda», come ha detto alla fine riferendosi all’avversario e a King Roger in tribuna. Perché Jannik è così: un campione atomico quando aggredisce l’avversario con il suo tennis in grado di arrivare alla 65esima vittoria in stagione contro 6 soli ko, ma sempre rispettoso e gentile, educato ed elegante nei gesti. Il trionfo nel 1000 di Shangai che ha stoppato a 99 le vittorie Atp di Djokovic, ha proiettato il numero 1 del mondo verso l’ennesimo trionfo dorato di una stagione indimenticabile che lo vede nel ranking con un oceanico vantaggio di 4800 punti su Carlitos Alcaraz.

TONNARA TENNISTICA
E non è stato un caso se questa tonnara tennistica sia stata ottenuta contro il campionissimo che più somiglia a Jannik, al suo tennis, al suo modo di affrontare i momenti più delicati. Come il tie-break che Sinner ha vinto ieri, alla fine del primo set, sprigionando magie in tutti i punti decisivi.
La seconda frazione è stata una passeggiata di salute con un Nole fisicamente non più lucido, ingarbugliato nella rete che il rosso di Sesto gli ha teso, colpo su colpo. Contro il miglior risponditore del circuito, ovvero il serbo, Jannik ha servito benissimo, senza mai subire break, 8 ace (con nessun doppio fallo), trovando il 61% di prime con le quali ha immagazzinato il 76% dei punti mentre con la seconda ha realizzato un eccellente 65%. Entrambi son incappati in 23 errori gratuiti ma Jannik ha replicato con 22 vincenti, Djokovic solo 12.

In questo sta la spiegazione tecnico-tattica di una finale impari che è diventata bellissima per il suo contorno. Di Federer e Alcaraz in tribuna ad ammirare il re del tennis attuale abbiamo detto, non delle sensazioni scaturite nell’ottava sfida fra il 23enne e il 37enne serbo. Due tennisti speculari e legati da un invisibile filo: Jannik, difatti, sta ripercorrendo le stesse piste coperte anni fa dal giovane Nole perché ha un identico timbro tennistico.
I due sono uguali: amano i colpi da fondo campo, bersagliano l’avversario con dritti e rovesci letali, colpiscono con la stessa durezza, cercano di togliere il tempo all’avversario e servono prime sempre oltre i 200 all’ora, pescando angoli e rotazioni imprendibili. Così come Djokovic non era un principe nel gioco a rete all’età di Sinner, così l’italiano deve ancora perfezionare la sicurezza nelle voleè.

ECCO L’EREDE
Nessuno ci ha mai tolto dalla testa che, se si cerca un erede del 24 volte vincitore di Slam, quello non può che essere il nostro amabile rosso di Sesto. Con l’aggiunta di un curioso dato statistico: a 23 anni Djokovic aveva vinto...meno di Sinner. Un solo Slam (Open d’Australia 2008) contro i due di Jannik (Open d’Australia e US Open), e ancora nessuna Coppa Davis. Dettagli non insignificanti se si vuol mettere a fuoco la statura di un giovane campione che è la proiezione, in campo, del grande serbo. Una nostra impressione? No, sentite Nole cosa ha confermato mentre ieri stava lasciando Shangai: «Sinner? Impressionante, aggressivo e con un servizio lampo. Chi mi ricorda? me!». E se lo dice il Joker del tennis, c’è da crederlo davvero.