Fuori tutto

Milan, l'ex Mirabelli stronca il progetto: "Fonseca non è all'altezza. E Ibra..."

Leonardo Iannacci

Ha trovato la sua isola felice a Padova ma il Milan, che nel cuor ancora gli sta anche se non lo ammetterà mai, è la prima squadra della quale controlla il risultato al lunedì. Max Mirabelli, direttore dell’area tecnica e diesse della squadra veneta che ha fatto tris (nel senso di tre vittorie su tre nell’avvio della serie C), non può esimersi dal tastare il polso alla squadra rossonera, “sua” nel 2017-2018 e che, invece, in questa stagione è partita zoppicando non poco.

Mirabelli, due punti in tre gare e tante perplessità: un Milan che sta facendo penare i tifosi. Come mai?
«La causa va ricercata nell’addio a Pioli. Comprensibile che si ritenga finito un ciclo e che, soprattutto, non si sia contenti di un secondo posto. Ma...».

 

 

Ma?
«A quel punto ci si mette a sedere a un tavolo, si chiariscono i compiti in società, si cerca un allenatore migliore e si fa un mercato da scudetto».

Tutte cose che non sono accadute?
«Andiamo con ordine: Pioli è stato giubilato dopo aver vinto uno scudetto, essere arrivato a una semifinale Champions e dopo un secondo posto alle spalle dell’Inter. Lo scorso anno Stefano è stato falcidiato da una lunga lista di infortuni, spesso aveva mezza squadra a disposizione ma alcuni davano la colpa alla sua preparazione. Sbagliato».

Punto secondo: non si sono chiarite bene i ruoli in società?
«Direi di no. Ibra è stato uno dei giocatori più incredibili della storia ma ora non gioca più e pochi hanno capito il suo attuale ruolo: consulente della proprietà? Uomo-mercato? Decide tutto? Ma cosa esattamente?».

Punto dolens: il mercato. Sbagliato?
«Diciamo non completo. Se volti pagina e cerchi di passare da secondo a primo devi agire diversamente. Pensi sia finito un ciclo e vuoi cambiare radicalmente? Fai scelte onestamente molto diverse».

L’arrivo di Fofana ha finalmente riempito quella prateria che i rossoneri lasciano ai loro avversari quando ripartono?
«Fofana è un ottimo giocatore, sa stare bene in campo, ma non penso basti un frangiflutti, pur ottimo, a dare quella stabilità che la squadra ha bisogno. La domanda è: Fofana basterà?».

E veniamo al punto: colpa dell’allenatore?
«Rispetto Fonseca ma torno forzatamente al discorso di prima: se si decide di lasciare un Pioli che ha raggiunto quei traguardi così importanti in tre anni, si va su un allenatore top. Capito il concetto?».

Nel Milan si prosegue con un equivoco enorme e non ancora risolto: Leao. Vero?
«Esattamente. Non dà quelle certezze che ti aspetti dal suo talento e questo problema non è stato risolto. Lo scorso anno c’era Giroud che toglieva spesso le castagne dal fuoco».

Quest’anno tocca a Morata e, in alternativa, ad Abraham il ruolo di risolutore?
«Morata è un ottimo attaccante, nel 2018 ero al Milan e mi sono incontrato parecchie volte con lui ma, poi, l’affare non si fece per motivi vari. Ripeto il solito concetto: per vincere in Italia e in Europa bisogna fare un mercato super. Ad esempio come ha iniziato a fare la Juventus di Giuntoli».

Quasi grottesco chiederlo a metà settembre ma, come farà questa Inter a perdere lo scudetto 2024-2025?
«Suicidandosi».

La Juventus può rivaleggiare con la corazzata di Inzaghi?
«L’Inter ha oggettivamente la squadra migliore: il segreto è stato creare due squadre, ovvero doppioni in ogni ruolo. Inzaghi ha a disposizione pedine quasi interscambiabili in precisi settori del campo e la Juve sta seguendo una via simile. Inoltre ha un ottimo allenatore. Il Milan non lo vedo su questa lunghezza d’onda».

Rischia di passare dal secondo posto di Pioli al... quinto?
«È così. Il Napoli ha fatto il suo acquisto migliore scegliendo un fuoriclasse della panchina, Conte. E poi c’è l’Atalanta: prima o poi uno scherzetto tipo Cagliari del 1970 o Leicester può ripeterlo».

Al Milan non ha certamente fatto bene la sceneggiata di Leao e Theo durante quel cooling-break. No?
«È stato un brutto segnale dato all’ambiente e ai compagni. E, visto da fuori, un indizio che l’aria non è così leggera, anche se ora sembra tutto passato».

Da Padova, ogni tanto non sente nostalgia di San Siro?
«No, perché un giorno andremo lì a giocarci le nostre carte. Ne sono certo, abbiamo vinto le prime tre partite in C e l’ambizione di salire c’è. Padova è una piazza importante, ha avuto trascorsi calcistici importanti e l’idea, in futuro, di sfidare Milan o Inter, mi intriga. Però, mi consente un’ultima considerazione?».

Anche tre...
«Riguarda Spalletti, uno dei migliori allenatori in Europa. Ha vinto contro Francia e Israele ritrovando un gioco. A Berlino, due mesi fa, lo hanno crocifisso. Ecco, lo dovevo dire».