Il caso da studiare

Thiago Motta, il "miracolo" su Locatelli: tocca il doppio dei palloni. Quando c'era Allegri...

Claudio Savelli

Non è che Thiago Motta si sveglia al mattino e pesca un giovane a caso da mettere titolare. E non è fortunato se poi quel giovane gioca bene e fa pure gol. Anche perché una volta (Mbangula contro il Como) magari è un caso ma due (Savona contro il Verona) su due è già una tendenza. Thiago Motta ottiene subito risultati dai giovani perché non li “butta nella mischia”, come si usa dire, semmai il contrario: li inserisce in un contesto funzionante e funzionale. Un contesto in cui i giocatori sono facilitati perché non devono improvvisare, non sono esposti alle giocate individuali ma si associano ai compagni. E quando giochi di squadra, generalmente hai più fiducia nelle tue possibilità. Il caso Locatelli è emblematico.
Due giorni fa contro il Verona ha toccato 113 palloni, il numero più alto da quando veste la maglia bianconera.


La sua media nello scorso triennio con Allegri in panchina era di 59 tocchi, praticamente la metà. Ovvio - diranno -, la Juventus teneva meno il pallone, invece non è questo: è che la sua presenza in campo non era valorizzata, dunque aveva meno fiducia anche nella pura e semplice ricerca del pallone. Locatelli era al centro della Juventus a livello geografico (giocava da regista) ma non dal punto di vista tattico. Aveva il limitante compito di alleggerire le azioni difensive smistando il pallone in sicurezza al compagno libero mentre ora ha il compito di costruire le azioni offensive. Forse non ha cambiato zona di campo, di certo ha cambiato funzione, recuperando quella che aveva con De Zerbi al Sassuolo, infatti l’ultima gara con numeri di tocchi superiori a cento è stata Sassuolo-Lazio del 2021.

 

 

PREDISPOSIZIONE
Non è che Thiago Motta punti sui giovani, semmai punta sui giocatori intelligenti e predisposti all’apprendimento come Locatelli. E, contrariamente a quanto si suppone, le nuove generazioni possiedono queste caratteristiche più di quelle vecchie. Non a caso l’età media delle formazioni titolari in queste prime due giornate è pari a 23,7 anni, seconda solo al Parma (23,4) e di gran lunga inferiore alle terze di questa speciale classifica, Empoli e Lecce (25,0). L’unico calciatore over-30 utilizzato finora è stato Danilo, subentrato contro il Verona a Gatti e impiegato per soli 5’. Del 21enne Savona, Thiago ha detto: «Mi piace perché ci guarda interessato quando gli parliamo». Nella sua idea di perenne evoluzione, i giocatori ideali sono quelli che si considerano incompiuti e che cercano un maestro per migliorare. È efficace con i giovani- e viceversa - perché riesce a rendersi interessante. Ai loro occhi è un professore illuminato, uno che può portarli in alto. Come fa? Dimostra la validità dei contenuti, spiega sempre perché propone una cosa e dà modo ai calciatori di verificarne sul campo l’efficacia. Thiago Motta ottiene risultati dai giovani anche perché non li considera tali. Non è giovane, per lui, un 21enne come Savona o un 20enne come Mbangula, ma un calciatore in piena carriera. Non segue il cliché tutto italiano per cui i ventenni devono accumulare esperienza prima di essere titolari (o assunti). Forse perché la sua carriera non ha seguito i canoni. Nel grande calcio è arrivato subito (Barcellona B) ma poi, complice l’infortunio al ginocchio, è esploso tardi (tra Genoa e Inter, quando aveva 27-28 anni). Ecco, per Thiago non fa differenza il club in cui giocano. Gestisce la Juventus così come ha gestito il Bologna, lo Spezia, il Genoa. Il cosiddetto “peso della maglia” non esiste e questo alleggerisce la tensione di chi deve esordire.


ORIZZONTE ACCORCIATO
Il mister bianconero non parla di giovani ma “di chi è forte”. Il risvolto emotivo di queste convinzioni è potentissimo. Thiago non fa sentire inadeguati o in difetto gli ultimi arrivati. Evita che lavorino per un futuro indefinito, per quando arriverà “il loro momento”, ma accorcia l’orizzonte: voi giovani servite qui e ora. Vi allenate per giocare, non per fare numero. Insomma, Thiago Motta sta cancellando il concetto di gavetta. Il ct dell’Italia, il 65enne Luciano Spalletti, potrebbe fare tesoro di questo e applicarlo in Nazionale, visto che ha bisogno di rifondare un ciclo e non può aspettare che i giovani, o presunti tali, facciano esperienza internazionale con i rispettivi club. Così si fa notte. Thiago è abile con i giovani e per questo, da giovane della panchina, 42 anni oggi e tanti auguri, dovrebbe essere preso a modello dagli allenatori più anziani.