Pugile intersex

Imane Khelif, la controversa decisione del Cio: "Mai più test sui genitali"

Imane Khelif è forse l'atleta più famosa e più discussa di questi Giochi olimpici di Parigi 2024. Più di altri sportivi che hanno già fatto incetta di medaglie, premi e complimenti. La pugile algerina intersex continua a far parlare di sé. Dopo aver battuto - anche se per un ritiro - l'azzurra Angela Carini, si è poi ripetuta contro l'ungherese Luca Hamori. E si è garantita così il diritto di salire almeno sul terzo gradino del podio. E perché no: sognare anche la medaglia d'oro.

Ma sulla Khelif aleggia ancora il sospetto che il suo strapotere fisico derivi proprio da quell'elevata presenza di testosteroni che le impedì di partecipare agli scorsi Mondiali di boxe. Ma che di fatto non l'hanno ostacolata dal suo sogno olimpico. Dopo tanto discutere, però, è arrivata la decisione (controversa) del Cio. "Non riconosciamo i test Iba sul genere perché il loro procedimento non è lecito - si apprende in una nota ufficiale -. Nessuno vuole tornare ai giorni in cui si facevano i test sui genitali".

Così il Cio, attraverso il portavoce Mark Adams, prende posizione sulla disputa con la federazione mondiale di pugilato (Iba) per le due pugili intersex presenti ai Giochi, l'algerina Imane Khelif e la taiwanese Lin Yu Ting. Adams ha ribadito che il Cio non tiene conto dei test Dna. "È una questione di diritti umani. Sono test non leciti, condotti in modo arbitrario. Una cosa è il dibattito sui social, un'altra la privacy e i diritti umani: quelli non si condensano in 140 caratteri".