Su la testa
Parigi 2024, l'allenatore di Martinenghi: "Ogni volta che vedo i cinesi gli urlo in faccia che sono dopati"
La grande soddisfazione e la felicità di Nicolò Martinenghi, che resterà nella storia come la prima medaglia d’oro italiana dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, nei 100 metri rana, si unisce anche alla grinta e alla rabbia nei confronti di avversari ben poco corretti, uno su tutti: la Cina. Il suo allenatore, Marco Pedoja, lo ha preparato bene e si è concesso in un’intervista a La Stampa, con l’inviata Giulia Zonca. “Ho capito che questa sarebbe stata un’olimpiade speciale a metà giugno, al Settecolli, a Roma. Nicolò ha battuto Peaty e ho visto la faccia di Adam. Si intuiva benissimo che immaginava un cambio della guardia”.
Nota dolente, tra gli avversari da battere infatti c’era il cinese campione del mondo Qin Haiyang, uno dei 23 atleti trovati positivi e poi scagionati per contaminazione da cibo, ma Pedoja era sicuro che Nicolò lo avrebbe battuto: “Ci si aspettava e si sperava che lui qui fosse così: non da podio. Non è possibile che un atleta così bersagliato dai dubbi, al centro delle polemiche, sia tranquillo. L’ho visto nuotare… L’agitazione era una condizione che si meritava. I cinesi non fanno mai chiarezza, questi casi vengono sempre trattati in gran segreto, lontani dalla trasparenza richiesta. Ogni volta che ho incrociato qualcuno della squadra cinese qui ho detto ‘dopati’ ad alta voce. Loro non reagiscono. Dopo l’oro sono andato ad esultargli in faccia. Non hanno fatto un movimento, compreso l’allenatore americano della ranista Tang Qianting, lo stesso che ci ha derisi ai Mondiali di Doha quando Qin Haiyang ha battuto Tete. Lo abbiamo sempre guardato fisso, ha continuamente fuggito il confronto”.
Pedoja continua nel suo attacco ai cinesi, contestandone anche i metodi di allenamento: “Ci sono troppe cose che non tornano, persino gli esercizi di forza che postano. Pan Zhanle, che ha il record del mondo dei 100 stile libero, che tira su 4 chili. Sui social ho replicato ‘Fitness for senior’… Un atleta ne solleva almeno 35. In più gli allenatori tengono strette le borracce, danno da bere e le riprendono. Perché? Hanno protestato perché le accuse di doping hanno rovinato la loro preparazione con continui controlli. Se non hai nulla da nascondere, non ti innervosisci”.