Il caso

Como-Wolverhampton, il razzismo immaginario che fa sentire buoni

Fabrizio Biasin

È successa questa cosa che dovrebbe essere seria ma se la leggi fa parecchio ridere o, al contrario, dovrebbe far ridere se in realtà non fosse serissima. E proviamo a spiegare: nell’era delle giustissime battaglie contro ogni forma di discriminazione e razzismo, si cercano discriminazione e razzismo anche dove non ce ne sono. E però bisogna trovarne a tutti i costi e possibilmente sbatterli in prima pagina, e in questo modo chi denuncia e ne scrive fa bella figura ed è buono e puro, mentre i presunti responsabili sono brutti e cattivi anche se non hanno combinato una fava. Succede che nell’amichevole pallonara di pre-campionato giocata a Marbella tra Como e Wolverhampton, un non meglio precisato giocatore dei neopromossi lariani venga accusato di aver rivolto parole di discriminazione razziale al collega sudcoreano Hwang Hee Chan.

Così l’allenatore O’Neil: «A metà del secondo tempo Channy ha sentito un epiteto razzista, il ché è davvero deludente. Ne ho parlato con lui, ho verificato se volesse ritirare la squadra o uscire lui stesso, ma voleva che la squadra completasse l’allenamento di cui aveva bisogno. Lui è deluso, ovviamente, e comprensibilmente. Sono orgoglioso del fatto che abbia voluto andare avanti e mettere il team al primo posto in un momento per lui difficile». Il Wolverhampton ha comunicato che presenterà reclamo formale all’Uefa.

 

 

 

Ma, di grazia, cosa avrebbe detto il giocatore del Como? Questa la spiegazione dei lariani: «Il nostro club non tollera il razzismo e ne condanna ogni forma nel modo più assoluto. Il nostro difensore ci ha riferito che il commento che ha fatto, rivolgendosi a un suo compagno di difesa, è stato: “Ignoralo, pensa di essere Jackie Chan”. Avendo parlato a lungo con lui, siamo certi che si riferisse al suo nome e ai continui riferimenti a “Channy” fatti dai suoi compagni di squadra in campo. Per quanto ci riguarda, il nostro giocatore non ha detto nulla di intenzionalmente denigratorio. Siamo delusi dal fatto che la reazione di alcuni giocatori del Wolves abbia visto l’incidente gonfiarsi a dismisura». E infatti così è stato, dal New York Times in giù, ne hanno parlato ovunque. E fa niente se è la mia parola contro la tua, in casi come questo vince chi accusa e sta dalla parte del “buono”, mentre il “cattivo” rimarrà tale anche se ha solo detto Chan... a uno che si chiama Chan.