Fregarsene
Euro 2024, Azzurri senza vergogna: le pippe non sono andate a zappare, ecco le foto
“Azzurri ci avete rotto il ca...lcio!” titola Dagospia, nota niente affatto a margine per le vacanze degli eroi nazionali. Liquidata la pratica svizzera - nel senso che sono stati gli elvetici a umiliarci in Europa dopo averci cacciato dal Mondiale - gli sgangherati interpreti del pallone secondo le direttive improbabili di mister Luciano Spalletti hanno preparato in fretta i bagagli, convocato mogli e fidanzate, confermato il viaggio ed eccoli finalmente in spiaggia a godersi il meritato riposo. Per carità, niente di male, tra poche settimane verranno convocati dalle loro rispettive squadre di club e già immaginiamo le dichiarazioni alla stampa: «Non vedo l’ora di ricominciare per riscattarmi”, “Sarà una stagione in cui competeremo ai massimi livelli dopo lo sfortunato Europeo”. Il copia e incolla di banalità non si farà certo attendere.
DIVI PALLONARI
Nonostante abbiano fatto tutti la figura dei brocchi patentati, nessuno gli tocca il diritto alla vacanza. Ciò che stride, e tanto, è l’insistenza con cui questi fenomeni del nulla postano i loro selfie balneari su Instagram, un’autentica presa per i fondelli a tifosi, appassionati di calcio, connazionali che all’azzurro ci tengono. Gianluca Scamacca, il centravanti più incapace, più tamarro e più tatuato della storia, ha persino trovato il tempo di un passaggio dal parrucchiere che cinico gli ha ossigenato i capelli di biondo platino.
Ora è a Ibiza, da decenni meta preferita dei divi pallonari, dove stentiamo a immaginarlo sotto l’ombrellone con un libro in mano, neppure quelli abbordabili del Premio Strega: andrà alle feste, privé riservato nelle discoteche più alla moda, il giusto premio sarebbe ignorarne l’esistenza, ma almeno un tifoso infrangerà il muro della security per chiedergli una foto, perché purtroppo si nel mondo esiste ancora qualcuno che vuole la foto con il brocco centravanti azzurro di Euro 2024. Così come esiste chi vuole posare insieme a Stephan El Shaarawy, altro bidone, folgorato da cotanto incontro inaspettato.
Davide Frattesi è volato alle Maldive con la sorella Chiara (le si attribuisce una storia con il centrocampista americano della Juventus Weston McKennie, evidentemente la ragazza non ha grandi pretese intellettuali).
Bello questo legame di famiglia, i due giocano e fanno le smorfie, del 2-0 e tutti a casa firmato Svizzera non c’è traccia, che invidia questa spensieratezza, questa leggerezza. Anche il suo compagno Federico Dimarco è sereno in spiaggia, finalmente può esibire il torace e le braccia trasformate in un centro tatuaggi, dove è difficilissimo trovare un centimetro quadrato di pelle disponibile.
Più sobrie, vista l’anzianità di servizio, le foto ricordo dell’oriundo Jorginho che ha sulla coscienza l’ultima eliminazione dai mondiali, in un mondo normale non l’avrebbero mai più convocato in Nazionale ma gli altri centrocampisti in giro sono talmente scarsi che l’avranno richiamato per disperazione. Si noti ancora lo sguardo lontano di Bryan Cristante con il barboncino sulla spalla, immerso in pensieri che immaginiamo profondi almeno come un testo di Massimo Cacciari.
PRESUNTI CAMPIONI
Signorine, il catalogo è questo, inutile perdersi in dietrologie assortite, non è che convocandone altri sarebbe andato meglio anche se il Ct ci ha messo del suo spostando uomini, invertendo schemi, rivelando così la sua totale confusione tattica e dialettica, ma almeno lui le vacanze se le tiene per sé.
È l’atteggiamento dei presunti campioni a risultare censurabile: nessun senso di appartenenza, mancanza di pathos, ignoranza del valore, del peso, che la maglia azzurra rappresenta. Il (dis)impegno europeo è stato interpretato da questi fenomeni come un fastidioso e inutile ritardo tra la fine della stagione con i club e l’inizio delle vacanze, che già sono poche e quanto gli rode che mentre i comuni mortali si godono agosto sotto l’ombrellone loro devono già sudare in allenamento e in inutili ritiri senza sole senza disco senza sesso.
Con l’era della globalizzazione il calcio è profondamente cambiato e non proprio in meglio, perché se è logico che una squadra di club venga assimilata a una multinazionale, le nazionali dovrebbero ancora fondarsi su principi identitari forti, sul rispetto per le proprie radici. La maglia della Nazionale si onora, indossarla è un privilegio e una responsabilità, rappresenta un punto d’arrivo nella carriera di un calciatore. In passato campioni come Evaristo Beccalossi, Roberto Pruzzo, Beppe Furino giocarono pochissime partite in azzurro, qualche volta nessuna come Franco Ossola, Sergio Brio, Pietro Paolo Virdis.
Erano 18-20 i calciatori del giro azzurro e pochissime le maglie libere, il Vecio Enzo Bearzot prima di lanciare Antonio Cabrini e Paolo Rossi ci pensò non una ma dieci volte, e quando si trattò di escludere Pablito gli concedette fino all’ultima partita possibile. Negli anni recenti, purtroppo, si sono inventati gli stage allargati a sconosciuti e meteore, cui sono bastati due gol in serie A per far gridare al miracolo.
Dagli stage sono passate figure improbabili come Gnonto, Retegui, Folorunsho, Joao Pedro, Luis Felipe, Lorenzo Lucca, Matteo Cancelleri, Francesco Caputo, un inglorioso e infinito elenco che svaluta la maglia e il suo significato, e non c’è stato allenatore del post Mondiale 2006- Donadoni, Prandelli, Lippi 2, Ventura, Mancini, Spalletti - che non abbia pienamente attinto dagli stage, perché bisogna guardare al campionato, mentre lo zoccolo duro di una Nazionale va costruito a prescindere, ed è esistito finche c’erano i Bonucci e i Chiellini capaci di trascinare gli altri con il loro esempio. Di questa stirpe oggi è rimasto Donnarumma, il portiere, uno che si trasforma con quella maglia addosso, ma è troppo poco, davvero troppo poco. E invece bastano tre partite discrete dopo una buona stagione al Bologna perché Riccardo Calafiori venga valutato 50 milioni di euro. Sarà andato in vacanza contento...
INNO NAZIONALE
Gli italiani innamorati del calcio, quelli che cantano l’inno nazionale, rosicano per le lacrime di Pepe dopo l’eliminazione contro i fortunati francesi, per l’orgoglioso senso di appartenenza degli atleti turchi, per i nazionalisti che tengono alla loro Patria. Invece noi ci ritroviamo una ventina di bidoni in vacanza, i mangiatori ad ufo nella spedizione tedesca. Ma vadano a lavorare, ’ste pippe immonde, e soprattutto non tocchino più l’azzurro: la terza maglia è verde, usino quella.