Il bilancio
Seria A, il Rinascimento: gioco, mercato, coraggio. E ora anche Antonio Conte
La serie A ha definitivamente rotto con il passato. Evviva! È una buona notizia, se ne facciano una ragione i nostalgici a prescindere. Il calcio italiano non è più italico. È europeo. Da invidiosi a invidiati: ecco il contrappasso.
Ora ci studiano, ci ammirano, ci elogiano. L’Inter non ha stravinto perché era la più forte ma perché lo è diventata. Il mezzo è stato un gioco innovativo, un mosaico in movimento. Quando si muove un nerazzurro, l’altro occupa il suo posto, e così via. Il 3-5-2 era un prodotto locale, Inzaghi lo ha trasformato in un’eccellenza da esportazione.
Non è l’anno di grazia ma l’anno di svolta. Otteniamo cinque squadre in Champions League perché le meritiamo, non perché è girato tutto bene. Tant’è che in Champions si poteva fare meglio: pesano l’annata terribile del Napoli e i cicli in esaurimento di Lazio e Milan. Il fatto che il Napoli rimedi con Antonio Conte è un buon segnale: c’è volontà di redimersi dai peccati, c’è voglia di reagire, c’è ambizione. E ci sono bilanci a posto perché De Laurentiis può tranquillamente permettersi di chiudere l’accordo a 8 milioni netti all’anno, bonus compresi, per tre stagioni. Per Conte è il solito schema: squadra da restaurare ma non da buttare, annata deludente, piazza depressa che lo accoglierà come il salvatore, niente coppe europee di mezzo e rosa ridotta all’osso. Conte ha senso per il Napoli e il Napoli ha senso per Conte. Non resta che andare d’accordo.
Anche la presa di coscienza del Milan sul ciclo-Pioli è un dato positivo, a prescindere dalla bontà della scelta di Fonseca come sostituto. È definitivamente cambiata la percezione dell’allenatore. Se prima si sceglieva quello bravo, ora si sceglie quello giusto. È anche sfumato il preconcetto per cui un giovane mister non possa allenare una grande squadra. La Juventus prende Thiago Motta, anni 41, zero panchine europee all’attivo. Se ne frega. Questa serie A ha consacrato gli allenatori proattivi e sacrificato quelli reattivi. Sono stati esonerati senza troppi complimenti i due tecnici più vincenti e più pagati del campionato, Mourinho e Allegri. Non più tardi di tre anni fa venivano stesi tappeti rossi per riportarli in serie A.
Serie A terreno fertile su cui seminare. Non è che si concede ai mister più tempo rispetto al passato, è che germoglia tutto più velocemente. Il Bologna nasce per salvarsi ma finisce in Champions. L’Atalanta ha fatto da apripista e dato coraggio a tutti. La storiella del campionato italiano poco allenante è archiviata. Ora anche le piccole giocano senza speculare, senza mettersi in trincea, senza sentirsi sconfitte in partenza. Da una decina di partite allenanti all’anno ora siamo passati ad una trentina. I risultati si vedono in Europa, dove siamo primi nel ranking stagionale. L’Atalanta vince l’Europa League perché ha allenato l’intensità in serie A. Per un decennio intero abbiamo vissuto di memoria, ricordando che un tempo eravamo l’eldorado, ricchi di soldi e di campioni. Ora siamo ricchi di idee e competenze. Ecco perché questo campionato si può chiamare Rinascimento.