Boss
Brasile, il calciatore arrestato e ammanettato in campo
Nel gergo calcistico, meramente tecnico e per appassionati, quando si commenta una partita e si dice che quel giocatore “arresta la sua corsa” o che “viene arrestata la fuga del giocatore”, di solito si indica l’intervento di un difensore che impedisce all’avversario di andare in porta e segnare.
Questa volta, invece, parlando di “arresto in campo”, purtroppo, ci si aggancia al significato letterale dell’espressione, cioè manette in campo. È accaduto in Brasile, nella città di Mutum, a circa 380 chilometri da Belo Horizonte, stato di Minas Gerais.
Un video, girato da uno dei tifosi presenti al campo, mostra immagini scioccanti dell’intervento degli agenti della Polizia Militare che interrompono la partita tra Mutum e Durandé, valevole per la Copa do Café, per arrestare un giovane calciatore di 24 anni e portarlo via dal rettangolo verde. Su di lui pendono accuse di non poco conto, diversi reati commessi nei comuni di Serra e Laranja da Terra e, nei suoi confronti, gravava già un mandato di arresto preventivo, emesso dal Tribunale dell’Espirito Santo.
Il giocatore è stato identificato come il presunto boss di un clan spietato di narcotrafficanti nella zona di Espirito Santo. Non solo, è accusato anche di far parte di una gang di assassini di Vitoria, che ha operato un tentato omicidio nei confronti di un rivale qualche settimana prima.
La polizia di Minas Gerais ha confermato ai media locali che l’uomo era conosciuto da molto tempo alle forze dell’ordine e la sua fedina penale è di certo più lunga della sua carriera calcistica. Nel “curriculum” aggressioni, minacce, traffico di droga e contrabbando di armi da fuoco. Per lui, ora, è scattato il cartellino rosso, sperando che non diventi quello “blu” che è stato pensato come proposta alla FIFA per le espulsioni a tempo. Rivederlo in campo sarebbe un piacere, molto meno per le strade del Minas Gerais a ritrovarsi implicato in altre brutte vicende.