Partitissima

Jannik Sinner, attenzione al fondoschiena (quello vero): l'arma per battere Djokovic

Claudio Savelli

Come si batte Novak Djokovic? Innanzitutto, si batte. Buona notizia. Secondo: lo sa meglio Jannik Sinner di chiunque altro. Lo ha già fatto a fine anno scorso, due volte a cavallo di un ko e in modi diversi: imponendosi, nel girone delle Finals di Torino, e resistendo, nella Davis di Malaga. Di strategia e forza la prima (letteralmente, contro il Djoker) vittoria, di testa e cuore la seconda. Servirà tutto, manco a dirlo, in Australia, ma tutto non si può mettere in una partita di almeno tre ore, perché tanto ci si aspetta che giochino Jannik e Nole stanotte - probabilmente dalle 4.30, ma la conferma arriverà soltanto oggi: in ogni caso sveglia da puntare per la diretta su Eurosport. Cosa deve mettere in campo, quindi, Sinner?

Noialtri coach da divano e coperta (ore piccole, freddo nel corpo) suggeriamo l’ovvio. In primo luogo che è inutile invitare Sinner a replicare le due imprese perché quello è «un altro sport» come dicono quelli che ne sanno di racchette. Erano al meglio dei tre, match più brevi e intensi rispetto a quello che stanotte sarà chiamato ad affrontare il Rosso sull’azzurro veloce di Melbourne. Già, è veloce. Anche se non quanto quello di Torino. La pallina rimbalza di più, schizza meno, complice il caldo australiano che oscilla sui trenta gradi: ecco allora che diventa fondamentale il controllo dei colpi più che la forza, posto che quella ormai è garantita- tira fortissimo, Jannik. Sinner si è allenato nei cinque match finora disputati ad una cosa banale ma fondamentale: piegare le gambe. Per uno spillo come lui, leva lunga e baricentro alto, piegarsi è difficile e contro Nole è fondamentale.

MENO UMIDITÀ
Sono dieci giorni che l’altoatesino gioca in basso con il fondoschiena sui colpi da fondo, di più rispetto al solito: un caso? No, un modo per arrivare “allenati” al mostro (semi)finale che ti mette la palla sempre nei pressi dei piedi, e non puoi tirarla su, devi essere in linea. Sarà giorno in Australia, con meno umidità rispetto alla notturna con Rublev. Quindi, più rimbalzo e sensazione di pallina più secca rispetto agli indoor di cui sopra. Altro motivo per cui il riferimento vero, reale, utile è quello di 194 giorni fa: semifinale di Wimbledon vinta dal Djoker (che in Australia non perde dagli ottavi di finale del 2018, 33 vittorie di fila a Melbourne) contro il vecchio Sinner, sì, quello non ancora convinto di essere al top.

Slam, pressione, cinque set: quella è la partita da studiare. E lì Jannik perse di testa perché voleva accorciare i punti, soffrendo in particolare la diagonale del diritto per la fretta di passare su quella di rovescio, dove si sentiva più sicuro. Promemoria: restare lì, sul diritto, senza accorciare gli scambi, ora che le gambe hanno qualche chilogrammo in più.

Questo è un altro Sinner: vero. Zero set persi, 28 palle break concesse di cui 26 annullate e un tie-break rimontato dall’1-5 contro il numero 5 al mondo lo dimostrano. Ecco, forse la poca abitudine ad andare oltre i tre set può influire in uno scontro che si preannuncia lungo, o forse no.Il Rosso ha imparato a non contare il tempo passato in campo, cosa che- chi gioca lo sa- nella testa di un tennista fa la differenza. Scontato dire a Jannik di servire bene. Meglio dirgli di servire con intelligenza. Le prime sono salite ad un buon 64% contro Rublev dopo i problemini accusati con Khachanov, ma c’è margine, tant’è che nell’allenamentino di ieri- 40 minuti fatti bene, come dicono i coach -, mister Vagnozzi si è messo in risposta a indicare il punto esatto in cui doveva cadere la pallina battuta, quasi sempre trovato.

Anche sul servizio, direzione e rotazione: l’obiettivo è offrire a Nole ogni tanto una palla con meno peso, obbligandolo ad una risposta più lavorata, comunque complessa ma incapace di nutrirlo di quella fiducia che invece gli danno le risposte secche. Le sue. Sarebbe la prima finale Slam per Sinner. Il fatto che non sia più un “se” ma un “quando” la dice lunga sul suo spessore. E il fatto che la vera finale sembri la sua semifinale - perché di là ci sono un Medvedev che giocando malino batte Hurkacz in cinque set e uno Zverev che, nemmeno tanto a sorpresa, cancella Alcaraz in4 set- sottolinealo stato del progetto-Sinner. Che non è solo: gli amici Bolelli-Vavassori all’alba di oggi hanno giocato la semifinale di doppio contro i tedeschi Hanfmann-Koepfer. Andiamo a Berlino a vedere gli azzurri? No, a Melbourne.