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Inter, Acerbi sbaglia i toni ma non i concetti: perché lo scudetto non è scontato

Claudio Savelli

Si può discutere se Acerbi, un giocatore, debba o non debba dire certe cose («La Juve ha speso 200 milioni, noi parametri zero e via tanti forti»). Ma non c’è motivo di polemizzare sul contenuto, se non quello di gonfiare gli scontrini dei bar sport del Paese, veri o virtuali che siano: il difensore dell’Inter ha ragione.

Certamente estremizza il concetto usando cifre a casaccio e spiegandosi in modo grossolano (motivo per cui, appunto, certe cose è meglio le dica con precisione un dirigente), ma fa bene a ricordare che l’Inter può vincere il campionato («Sappiamo chi siamo e cosa vogliamo») ma non debba per forza farlo. Soprattutto, non per manifesta superiorità rispetto alle altre. E per "altre", al momento, giustamente il riferimento è alla Juventus e basta, visto che è l’unica rivale dei nerazzurri in classifica.

 

 

Acerbi ha provato a smontare la retorica per cui si sottolinea la forza della rosa dell’Inter per sminuirne i meriti, come se vincere fosse qualcosa di scontato o, peggio, di obbligatorio. Il fatto che lo scudetto sia un obiettivo dichiarato da Zhang e Marotta non significa che sia una formalità. L’Inter ne è consapevole - tanto che il punto strappato a Marassi contro un Genoa ben allenato e in uno stato di forma certamente migliore è stato raccolto con soddisfazione dai nerazzurri - ed è stata questa finora la sua più grande forza.

L’Inter chiude il 2023 da capolista e da squadra che in serie A ha raccolto più punti (87 in 41 partite) ma è solo a metà dell’opera. E non punta al massimo perché è più ricca ma perché pensa di aver lavorato e di poter lavorare meglio delle rivali. Altrimenti non offrirebbe 6 milioni al Bruges per Buchanan ma sgancerebbe direttamente i 10 richiesti. E non annuncerebbe il rinnovo di Darmian prima della fine dell’anno per risparmiare qualche milione (utile a ingaggiare il canadese).

 

 

Rientrando nei termini del 2023, l’accordo con il 34enne italiano continuerà a usufruire dei vantaggi del Decreto Crescita: 2,5 milioni netti anche per il prossimo anno che restano 3,2 lordi per il club. Per lo stesso motivo è arrivato l’accordo con Mkhitaryan: non un anno più uno come si diceva ma direttamente un biennale alla stessa cifra, 3,8 milioni netti, mantenendo così il vantaggio fiscale (4,9 lordi). Altra storia il rinnovo di Dimarco, che era in programma e dimostra la capacità dei dirigenti dell’Inter di valorizzare le risorse già a disposizione: l’ingaggio dell’esterno mancino passa da 1,6 milioni netti a stagione a 3,5 fino al 2027. Un investimento importante ma di certo minore che acquistare un nuovo giocatore.