L'intervista

Achille Polonara: "Ho vissuto l'incubo di Acerbi. E come lui torno più forte"

Leonardo Iannacci

Il ritorno alla vita è anche un bel canestro fatto con le rezza: il palleggio, il terzo tempo, la palla che muore nella retina e il boato del pubblico. Emozioni vere. Achille Polonara è tornato a essere un giocatore di pallacanestro, con la sua bella testa pelata e il sorriso dei bei dì. I compagni della Segafredo Virtus e della nazionale lo chiamano “il pupazzo” per il modo di muoversi stile Toy Story e quel naso alla Cyrano de Bergerec e Achille, un’ala di 32 anni con talento e tiro, sta riassaporando i giorni più belli dopo l’incubo che lo ha colpito tre mesi fa. Un avversario subdolo ma curabile, un carcinoma al testicolo. All’annuncio che sconvolse il piccolo mondo antico del basket hanno fatto seguito un’operazione (riuscita in pieno), la fondamentale successiva fase della chemioterapia e, infine, il ritorno in campo, domenica scorsa contro Tortona. Polonara sarà regolarmente al suo posto pure stasera nella temibile sfida che la Virtus sosterrà a Bologna contro il Barcellona (diretta Sky ore 20.30).

Polonara, il suo è stato un viaggio all’inferno e ritorno: cosa ha provato quando è tornato in campo, domenica sera?
«Ero al top perché quella che è la mia vita e lì, in campo, sognavo di ritornare. L’ultima partita l’avevo giocata l’8 ottobre scorso, contro Varese, sono stati due mesi lunghi e pesanti come potete immaginare».

 

 

 

La via crucis percorsa in questi 50 giorni è diventata un tunnel oscuro. Ha la voglia e la forza di ripercorrerlo?
«Tornato dai mondiali con la nazionale mi sono sottoposto a uno dei consueti esami antidoping. Era fissato dopo le finali di Supercoppa di Brescia vinte con la mia Virtus. Gli esiti sono arrivati dopo 15 giorni, a inizio ottobre. La Procura federale antidoping mi comunicava valori non in linea».

A quel punto si sarà spaventato ma non ha pensato subito al peggio, no?
«Mi ha preso il panico, non avevo assunto alcun medicinale proibito, né creme o pomate sospette. Cosa poteva essere, mi sono chiesto? Così ho fatto la prima cosa in cui tutti cadono: una ricerca sul web relativa al valore anomalo riscontrato in quegli esami, l’HCG. Una sigla a me sconosciuta. Poi quando ho guardato vari siti, si parlava di quel valore in relazione a donne in gravidanza e mi sono detto: beh, quello non è certo il mio caso».

Come è arrivato a capire che c’era qualcosa d’altro?
«Ho allargato la ricerca, ho digitato HCG sugli atleti ed è venuto fuori il nome di Acerbi, a suo tempo colpito da un tumore ai testicoli».

 

 

 

Al nome di Acerbi ha cominciato a capire e a rabbrividire?
«Sapevo quello che aveva passato il difensore dell’Inter anni fa. I dottori mi hanno chiamato dicendo che era necessario approfondire con esami alle macchine. Quando sono stato ricoverato all’ospedale Sant’Orsola mi hanno sottoposto a un’ecografia che ha confermato tutto: avevo anch’io un tumore al testicolo da operare».

Quale è stato il periodo più duro?
«Le settimane della chemioterapia. Ho cercato di stringere i denti e di andare oltre quella stanchezza che colpisce i pazienti che si sottopongono a queste cure. Poi i medici mi hanno rassicurato e detto che ci sono molte persone che dopo l’intervento chirurgico sono tornate a una vita normale, che hanno avuto anche figli dopo questo tipo di operazioni».

Quando si è tranquillizzato sul piano medico?
«Dopo l’esito della prima Tac post-operazione: lì si è visto che il tumore era isolato, non si era espanso in altre parti del corpo».

Chi le ha dato la forza per andare avanti?
«Tutti: la famiglia, la Virtus società, i miei compagni di squadra. E quando domenica scorsa ho sentito il boato dei tifosi al mio ritorno in campo, beh ho capito che non ero mai stato solo».

Ora ci sono due partite delicate in Eurolega: stasera con il Barcellona e venerdì contro il Maccabi. Le sue sensazioni?
«Che sono tornato a essere un giocatore di basket e farò il massimo per aiutare la Segafredo. Sono super-carico ma anche consapevole che è il caso di scendere in campo con tranquillità. È consigliabile in momenti come questo durante i quali vorresti strafare».