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Jannik Sinner devastante: come ha frantumato De Minaur
Quando Dwight Davis, studente dell’Università di Harvard, ideò nel 1900 la Coppa Davis, non immaginava certo che un secolo e 23 anni dopo quell’insalatiera d’argento avrebbe scaldato il cuore di una nazione molto più piccola della sua, ma calda e appassionata, attorcigliata a un nuovo supereroe rosso di capelli. Una nazione in estasi per la seconda Davis vinta dopo quella in Cile nel 1976 e dopo le sei perse malamente nel 1960, 1961, 1977, 1979, 1980 e 1998. Perché questo è accaduto ieri a Malaga, nel palasport José María Martín Carpen: l’Italia di Jannik Sinner, sciamano di una pattuglia azzurra composta da Arnaldi, Sonego, Musetti e Bolelli che si è divisa un premio finale di 1.6 milioni di euro - ha battuto per 2-0 l’ Australia e ha compiuto un’impresa leggendaria (su Twitter sono arrivati anche i complimenti del premier Giorgia Meloni: «Lo sport italiano oggi non smette di farci emozionare. Complimenti ai nostri tennisti per il talento e l’impegno dimostrato e a tutto lo staff») che manda finalmente in archivio quella compiuta 47 anni fa, a Santiago del Cile, dai quattro moschettieri che rispondono al nome di Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli.
I NUOVI EROI
I nuovi eroi sono stati prima Matteo Arnaldi, in grado di conquistare il primo punto in singolare contro il lungagnone e mediocre Alexei Popyrin, poi il solito, carissimo Jannik Sinner che ha portato a casa il punto della sicurezza contro l’altro canguro, Alex De Minaur. E se qualcuno poteva temere che il ragazzo di San Candido potesse avere una battuta d’arresto dopo le imprese realizzate contro l’Olanda nei quarti di finale e contro la Serbia di sua maestà Djokovic in semifinale, battuto per due volte in due ore (e ci ricorderemo a lungo dei tre match-point annullati a Nole), ebbene si è ricreduto. Usando ora la clava e ora il fioretto, Sinner è stato devastante: ha frantumato De Minaur, un giocatore che ha il suo stesso gioco ma meno potente, meno preciso e meno vincente. E che ha annaspato al cospetto di quel satanasso con cappellino e maglietta azzurra che gli spediva razzi da tutte le parti. 6-4, 6-0 il risultato finale che ha scolpito nel marmo il nome dell’Italia per la seconda volta sotto l’insalatiera uscita dall’immaginazione del signor Dwight.
Riavvolgendo il nastro di questa impresa che rimarrà negli annali dello sport, la cronaca impone però di registrare tutti gli attimi che hanno scandito il trionfo, e quindi il singolare che ha portato il primo, fondamentale punto della finale. La domenica bestiale dell’Italtennis ha vissuto un prologo lungo, sofferto e in salita per Matteo Arnaldi, l’ultimo arrivato nella famiglia azzurra. A lui toccava il compito emotivamente più complicato contro Alexei Popyrin, 24enne non irresistibile ma che era da temere per la potenza del servizio.
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SOLDATINO IN TRINCEA
Matteo ha rispettato le consegne, ha lottato come un soldatino in trincea, non si è mai depresso e ha risposto colpo su colpo da fondo campo dove Popyrin ha sbagliato tutto. Arnaldi ha vinto per 7-5, 2-6, 6-4 in 2 ore e 29 minuti di gioco, non perdendosi mai d’animo, rimanendo sempre attaccato agli scambi e annullando nel terzo set otto palle break. Il baby ligure ha centrato a sua volte il break decisivo nel decimo gioco, quello che ha portato l’Italia sulla’1-0 prima della solita e già citata perla di Jannik Sinner, uno che non si prende mai paura di nulla e ha capito che non ci si deve rilassare mai se si vuol diventare il numero 1 del mondo. Obiettivo sempre più alla portata di questo fenomeno dai capelli rossi, leader riconosciuto e campione nato. Uno che nel 2024 vuole rivincere la Davis accanto a un Berrettini finalmente sano («Grazie del tuo tifo, qui a Malaga!» ha detto un emozionato Jannik alla fine) ma sogna di centrare il suo primo Slam. Il bello è che ci riuscirà.