Nel mirino
Boia chi molla Thomas Ceccon: il campione attaccato dagli odiatori
Per uno come lui nato il 27 gennaio, cioè il Giorno della Memoria, in cui si ricordano in tutto il mondo le vittime dell’Olocausto, è stata perlomeno una terribile dimenticanza: ma cosa vuoi dire a Thomas Ceccon, medaglia d’oro nei 50 farfalla ai Mondiali in Giappone dieci giorni fa, un metro e 97 di italica bellezza scolpita da ore e ore di allenamento in vasca e un’età, 22 anni, che se non lo assolve in pieno almeno però giustifica certe lacune su una storia lontanissima da lui?
Ceccon ieri ha postato su Instagram il motto neofascista degli anni Settanta, “Boia chi molla”, scambiandolo forse (anzi senza il forse) per una frase “figa” con cui farsi bello davanti alle sue (non poche) ammiratrici. L’effetto è stato devastante, molto peggio di una falsa partenza in piscina. Sui social è stato lapidato, lui semi-annegato dagli sputi dei soliti odiatori che vedono fascisti ovunque, perfino sott’acqua, ha chiesto scusa, ha detto pubblicamente che gli spiace del «fraintendimento», non sapeva si trattasse di uno slogan truce. Viene da credergli, tanto più che la frase “incriminata” era scritta tra le nuvole del cielo romano su una foto di una piscina del Foro italico e non c’erano riferimenti politici alle lotte tra destra e sinistra, rossi e neri. Solo azzurro.
Il campione veneto con quel contestato slogan voleva lanciare un messaggio motivazionale, far sapere che non intende smettere di impegnarsi né di vincere con i colori dell’Italia. Memento audere semper esortavano i latini, cioè ricordati di osare sempre, però poi anche D’Annunzio ha usato questo motto e allora è diventato troppo di destra, vietato ridirlo. Meglio tacere. Perfino “chi si ferma è perduto” rivolto a una squadra di corridori rischia di diventare un caso che non finisce più e allora competition is competion, affermano quelli bravi con le lingue; mai mulà ripeteva invece Umberto Bossi per spronare i suoi: se uno lo dice oggi è per forza leghista?
Insomma, Thomas non ha neanche fatto in tempo a rimettere piede in patria con tre medaglie al collo che è stato subito travolto da un’ondata di polemiche, neanche fosse stato iscritto a sua insaputa a Forza Nuova. E dire che in parecchie foto il nuotatore, a fine gara, esulta con il pugno chiuso (sarà la mano sinistra o quella destra?) e magari, tra un tuffo e l’altro, può essere pure che gli scappi l’arto teso e ora lo accuseranno di fare il saluto romano, di apologia del fascismo, perché nella caccia al mostro immaginario che anima il bar sport dei social ormai bisogna fare attenzione a qualunque gesto, qualunque parola. Siamo nell’era del politicamente corretto. Ceccon, poi, è genio e sregolatezza, stakanovista della piscina («sono tutti in vacanza, io invece continuo ad allenarmi»), invidiato e attaccato. Ma di sicuro ora farà attenzione a certi messaggi.
Sembra pari pari la storia di Gianluigi Buffon, il nostro portierone campione del mondo del 2006, che ha appena annunciato il suo ritiro dal calcio. Anche lui da ragazzo ai tempi del Parma un giorno scese in campo col “Boia chi molla” impresso sulla maglietta numero 1. Fu sommerso dai fischi, anche allora scoppiarono le polemiche. E in una lettera a se stesso, anni dopo, lo spiegò così: «Perché quando sei un giovane giocatore del Parma, farai qualcosa d’ignorante che ti segnerà. Prima di una partita importante, vorrai fare un grande gesto per dimostrare ai compagni e ai tifosi che sei un leader, che sei coraggioso, che hai grande personalità. Quindi scriverai un messaggio sulla maglia che vedesti una volta scritto sul banco di scuola. Scriverai ‘Boia chi molla’. Pensi che sia solo un modo per suonare la carica. Non sai che è uno slogan fascista. Questo è uno degli errori che provocheranno tanto dolore alla tua famiglia. Ma questi sbagli sono importanti perché ti ricordano che sei umano. Ti ricorderanno in continuazione che non sai nulla, amico mio». Ecco, se Ceccon leggerà queste righe di Buffon (che sia un destino anche l’assonanza?) magari un po’ ci si ritroverà. Bello e “ignorante”, col baffetto da sparviero, la “farfalla” azzurra ora si è un po’ bruciacchiata le ali. Ma vincerà ancora tanto. Per il ritiro c’è tempo.