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Jannik Sinner, il coach: "Ecco il suo vero obiettivo", è bandiera bianca?
«Io negativo? Assolutamente no. Solo che io guardo sempre all’obiettivo che ci siamo posti a inizio 2023. E quest’anno il goal è Torino con le Atp Finals. Vogliamo arrivarci da titolare, e non da riserva come accaduto due anni fa”. Commenta così Simone Vagnozzi, coach di Jannik Sinner, in una lunga intervista a La Repubblica. Per entrare alle Finals, occorrono però risultati concreti: “Siamo nel mezzo del viaggio: stiamo cercando di ampliare ulteriormente il bagaglio di Jannik e dunque il lavoro è più totale, non deve solo essere mirato ai risultati, che naturalmente desideriamo. Il tennis non è una gara sprint tipo i cento metri dell’atletica. È una maratona”.
Vagnozzi: “Sinner umano, talvolta pone dubbi ma sa che deve ascoltare”
La cosa che più rende felice Vagnozzi per allenare Sinner “è cercare di dare una mano ad altre persone — le sue parole ancora nell’intervista — Penso che per fare il coach bisogna essere tanto altruisti, aiutare qualcuno a raggiungere determinati obiettivi”. Il marchigiano è un uomo dal “look molto tranquillo, come l’amico di tutti i giorni — aggiunge — Non so, molti coach di tennis si pongono come fossero dei guru ma, onestamente, siamo solo degli allenatori di tennis, un bellissimo lavoro certo, ma non siamo medici che salvano delle vite umane. Bisogna anche sapersi guardare allo specchio”. Mentre Jannik "è un ragazzo che ascolta le cose che gli dici e talvolta pone dei dubbi — lo descrive — Ma sa che deve migliorare: io allenatore propongo delle cose, lui giocatore le deve ascoltare e ci deve credere, perché se le cose vengono fatte senza fiducia non servono a niente. Il nostro rapporto è cresciuto, bisognava conoscersi”.
Vagnozzi e l’accademia a San Benedetto: “A 20 anni se non sei un top-10 sei fallito…”
E ancora su Sinner: “Io penso di essere stato sempre onesto e ritengo sia la strada giusta. Stiamo cercando di renderlo un giocatore migliore: perfezionando diversi aspetti del suo gioco”. A San Benedetto, Vagnozzi ha una accademia tutta sua, dove diversi allievi sognano di raggiungere i grandi palcoscenici già vissuti oggi da Sinner: “Qualcuno il pensiero ce l’ha fatto — conclude a La Repubblica — Credo che il vero problema culturale di oggi è che se a vent’anni non sei diventato un top ten sei considerato un fallito. Ed è grave perché, ripeto, nel tennis non vince chi fa il punto più spettacolare, ma chi fa più punti: no sprint, ma maratona”.