Cori 'ngrati
De Laurentiis, rissa coi tifosi del Napoli: "Delinquenti", vuole misure estreme
Napoli, città delle mille contraddizioni nella quale tutto è bellissimo o bruttissimo e dove non sai mai se quella che va a iniziare è una brutta giornata di sole o una bella giornata di pioggia, sembra non voglia godersi appieno il terzo scudetto. I fatti: da settimane, mesi, anni, il presidente Aurelio De Laurentiis, ovvero l’uomo che nel 2004 ha salvato il Napoli portandolo dalla serie C all’imminente tricolore, occupando un posto sicuro nell’aristocrazia del calcio europeo grazie a una gestione ineccepibile, è nel mirino di alcune frange estreme di ultrà. La contestazione e gli scontri di tifosi avvenuti domenica sera al Maradona mentre la squadra di Spalletti affondava contro il Milan, sono stati le gocce che hanno fatto traboccare il vaso di Pandora. La rabbia contro De Laurentiis, uomo duro e schietto, nasce essenzialmente per tre motivi: il prezzo ritenuto eccessivo dei biglietti (90 euro la curva) per la partita di Champions del 18 aprile tra Napoli e Milan; le regole restrittive adottate all’interno del Maradona per l’uso di striscioni (non devono superare 1 metro e 10 cm d’altezza e 5 di lunghezza), megafoni, tamburi o bandiere; infine, l’organizzazione della festa per l'imminente tricolore.
FESTA TRICOLORE
Su questi punti il presidente-produttore è imbestialito: «Assurdo. È una storia che dura da 50 anni, finché non si prende la legge della Thatcher e la si adotta in Italia avremo sempre questi problemi. Quelli non sono veri tifosi ma delinquenti ai quali si permette di andare allo stadio per mortificare chi sostiene davvero la squadra... Timori per la festa scudetto? Mi auguro di no, anche perché avverrà allo stadio e lì non possono esserci problemi. Abbiamo la fortuna di avere un signor questore e un signor prefetto, useremo tutte le precauzioni possibili». Tra l'altro l’accensione sugli spalti di fumogeni vietati ha portato la procura ad aprire, ieri, un’indagine per violenza privata ed estorsione ai danni del club, ritenuto responsabile. Ma a cosa si riferisce De Laurentiis quando parla di “legge Thatcher”?
A una serie di provvedimenti presi a fine anni ’80 dall’allora premier inglese, ovvero Margaret Thatcher, detta la Lady di Ferro, per limitare il fenomeno degli hooligans all’interno di uno stadio. Pugno duro reso necessario in seguito alle tragedie dello stadio Heysel, quando prima della finale di Coppa dei Campioni 1985 fra Juventus e Liverpool perirono 39 spettatori, e di Sheffield nel 1989 dove i morti furono addirittura 96. Il “modello Thatcher” stabilì la schedatura dei tifosi e la messa al bando di persone condannate per reati relativi a eventi calcistici; il divieto di bevande alcoliche negli stadi dove si poteva entrare solo in possesso di un documento di identità; la creazione di una sezione delle forze dell’ordine per combattere gli ultrà più pericolosi; infine, per i club, l’obbligo di non avere rapporti con gruppi di tifosi e di ristrutturare tutti gli stadi per renderli più sicuri attraverso squadre di stewards. De Laurentiis, in cambio del meraviglioso scudetto, chiede solo ordine, regole precise e sicurezza. Impossibile dargli torto.