Nomi caldi

Mateo Retegui? Ce ne sono altri otto: chi può aiutare l'Italia

L’Italia agli italiani? Meglio di no, se per Italia intendiamo la Nazionale di calcio. Il ct Roberto Mancini spiega il perché: «Fino a qualche anno fa avevamo giocatori forti in ogni ruolo. Adesso abbiamo delle carenze». Premessa doverosa: la Nazionale non è una cooperativa ma un’azienda. Deve garantire un livello competitivo in linea la sua storia, le aspettative dei tifosi e, soprattutto, degli sponsor. Gioca per vincere, non per partecipare, quindi ha bisogno di giocatori forti. Se non ne fanno più in Italia, deve andare a prenderseli altrove, come è appena accaduto con Retegui.

L’esperimento del centravanti è stato un successo - si cercavano gol e i gol sono arrivati, due in due gare ufficiali come non accadeva dall’esordio di Pierino Prati nelle qualificazioni europee del 1968 - per questo Mancini lo replicherà. Retegui definisce un protocollo: si chiameranno solo giovani su cui costruire un progetto e che soddisfano esigenze tattiche precise, non più giocatori in un momento di grazia, vedi alla voce Joao Pedro, scomparso con la stessa velocità con cui era apparso. Il secondo candidato dopo Retegui ha debuttato con l’Under 21 contro la Serbia: si tratta di Bruno Zapelli, centrocampista argentino classe 2002 che gioca in patria nel Belgrano. È una mezzala tecnica “alla De Bruyne”.

 

Secondo nome caldo: Nicolás Capaldo, che invece è già pronto. Altro argentino di 24 anni cresciuto nel Boca Juniors, è stato menzionato a Mancini da De Rossi, che è stato suo compagno di squadra. È alla seconda stagione in Europa, milita nel Salisburgo che lo ha acquistato per 4,5 milioni nell’estate 2021, vanta 11 presenze in Champions e 2 in Europa League, ha quindi l’esperienza internazionale che manca ad alcuni interpreti italiani, quali ad esempio Frattesi.

Lo staff segue anche Giuliano Galoppo, altro centrocampista argentino classe ’99. Gioca nel San Paolo dopo aver militato nel Banfield, si dice fan del Festival di Sanremo e di Napoli: chissà se è sincero o “strategico”. Brasiliano invece è Gabriel Strefezza, ala che sta vivendo una grande stagione al Lecce (7 reti in 25 partite di A) e che può tornare utile visto il ritorno al 4-3-3. Vicina la chiamata di Gianluca Prestianni, ala destra 17enne del Velez con lo stesso soprannome di Messi, “la pulce”: la Federazione sta preparando i documenti. Mancini ci aveva provato anche con Facundo Buonanotte, classe 2004 del Brighton, che però è stato convocato dal collega Scaloni. Nella lista degli osservatori azzurri - già, Mancini ha spinto per avere una decina di consulenti in Sud America sotto la supervisione di Mauro Sandreani e Giorgio Venturin - ci sono alcuni nomi che fanno sorridere. Il primo è Gino Infantino, centrocampista classe 2003 del Rosario Central omonimo del presidente della Fifa. Il secondo è Juan Sforza, mediano classe 2002 del Newell’s Old Boys, che non è uscito da un film di Aldo, Giovanni e Giacomo.

 

In un mare di centrocampisti, un difensore non farebbe male e allora ecco Nicolás Valentini, centrale 2001 in odore di lancio nel Boca. Così Mancio sta portando in Nazionale l’unica cosa che teoricamente una selezione non può fare: il calciomercato. In realtà, l’Italia se ne è accorta in ritardo. Spiega il ct che «nella Svizzera, 15 su 20 sono oriundi. Nel Belgio uguale. Anche Francia, Germania, Inghilterra e Argentina hanno pescato tra i naturalizzati. Spesso ci hanno tolto giocatori che abbiamo cresciuto: lo faremo anche noi con loro». Tiè. Speriamo solo che questa versione del mercato sia meno tossica di quella tradizionale. Quantomeno non girano i soldi. Non ancora...