Serie A
Serie A, gioia Lazio: Zaccagni punisce la Roma in 10 per un'ora
Sarri si ripete e si prende anche la seconda stracittadina capitolina stagionale, quella dal sapore di Champions League che rilancia le ambizioni biancocelesti che vola al secondo posto in classifica (in attesa di Inter-Juventus) e butta giù la Roma al quinto posto. Il clima di nervosismo che ha aleggiato sul campo come uno spettro per tutta la durata del match ha finito per bruciare i nervi alla Roma che in dieci dopo mezz'ora ha retto l'urto biancoceleste per un'altra mezz'ora prima di cadere al 65' sotto il colpo di Zaccagni, il migliore dei biancocelesti nel pomeriggio che vale l'allungo sui giallorossi, ora 5 lunghezze. Come all'andata a cambiare le sorti del match è stato Ibanez che, già protagonista nell'andata con un fatale disattenzione difensiva, si è fatto espellere al 30' lasciando la propria squadra in balia di una Lazio, vigorosa, tenace, determinata nel dimenticare in fretta l'uscuta dall'Europa e prendersi un'altra rivincita su Mou, che dopo il turno di coppe l'aveva stuzzicata. Vola dunque alto l'Aquila biancoceleste che guarda adesso al finale di campionato con grande ottimismo. La vittoria restituisce benzina in vista del rush conclusivo che vale un posto in Europa, mentre la Roma, si trova ora a dover rincorrere, segnata da due derby persi con lo stesso identico risultato e con la medesima modalità. Dybala alla sua prima stracittadna non ha cambiato le sorti di un match nervoso, fatto tutto di grinta, furore e battaglia. E con la Roma in 10 è stato costretto per motivi tattici a restare fuori senza poter incidere. Dall'altra parte Milinkovic-Savic, nel ruolo di capitano ha dato la giusta grinta per scolorire i giallorossi. Era dal 2011-2012 che non vinceva entrambi i derby e senza prendere gol addirittura dagli anni di Maestrelli.
Nella Lazio poche sorprese con il portiere Provedel che, pur febbricitante, stringe i denti. Al posto di Ciro Immobile, in panchina per incitare la squadra nonostante sia indisponibile, c'è Felipe Anderson, match winner dell'andata. A supportare il brasiliano Zaccagni e l'ex Pedro. Nella Roma, pochi dubbi per Mourinho, che deve scontare la seconda giornata di squalifica per i fatti di Cremona: linea a 3 formata da Mancini, Smalling e Ibanez, in mezzo al campo Wijnaldum al fianco di Cristante, con Zalewski e Spinazzola sugli esterni. Davanti Dybala, al suo primo derby, con Pellegrini alle spalle di Belotti, preferito ad Abraham.
Parte subito decisa la Lazio con Felipe Anderson che mostra vitalità e corsa provando a rompere la cerniera difensiva giallorossa. Il possesso palla è dei biancocelesti, con la Roma che prova ad insabbiare la fase di costruzione avversaria arginando i tentativi di assalto al limite dell'area. La squadra di Mou si chiude con ordine pur non essendo troppo aggressiva sui portatori di palla, limitandosi ad azioni in contropiede e fraseggi sterili in mezzo al campo per liberare gli esterni. Dopo un quarto d'ora il derby inizia a salire di tono. Il primo lampo è giallorosso con Wijnaldum, con un destro potente che va oltre la traversa. Risponde Felipe Anderson, bravi a liberarsi in area ma meno preciso nella conclusione, debole e lenta. Pedro da una parte e Dybala dall'altra emergono per classe, provando a fare la differenza ma è una gara bloccata, come era lecito attendersi alla vigilia vista la posta in palio. Soprattutto con il passare dei minuti si incattivisce, con entrate dure che infiammano l'Olimpico. Al 30' la svolta che cabia il racconto del match. Ibanez, già protagonista in negativo nella gara di andata, si fa espellere per doppia ammonizione, entrando scomposto su Milinkovic-Savic dopo aver già subito ad inizio gara un giallo per un fallo plateale. Il serbo, da capitano, carica subito la curva Sud, trascina la squadra e al 37' prova una sforbiciata al volo che finisce di poco fuori. La Roma soffre, inizia ad arroccarsi subendo la pressione biancoceleste. Il match si fa esplosivo, la tensione si alza e Massa fatica a gestire il clima incandescente. C'è prima uno scontro ravvicinato tra Mancini e Zaccagni e poi tra Pedro e la panchina della Roma (che porta all'espulsione del preparatore dei portieri della Roma, Nuno Santos, e del collaboratore di Sarri, Marco Ianni).
Nella ripresa Mou decide di lasciare negli spogliatoi la qualità e la tecnica per mettere dentro muscoli e fisici e fa entrare Lloriente al posto di uno spento Dybala, incapace di incidere in una gara tutto grinta, furore e muscoli. La Lazio continua a fare girare il pallone, Milinkovic-Savic e Felipe Anderson provano a giocare più ravvicinati nel tentativo di incidere in velocità. La manovra biancoceleste si fa più pericolosa ma con una Roma stretta, le soluzioni da fuori diventate le più efficaci. Rui Patricio è infatti costretto a sventare di riflesso sulla traversa un destro teso da fuori di Luis Alberto che ci riprova pochi minuti dopo trovando l'opposizione di Mancini. La Lazio aumenta spinta e serve il miglior Rui Patricio per salvare la porta giallorossa: prima su Pedro e poi su Felipe Anderson, che colpisce da dentro l'area colpendo il portiere (ma l'azione era comunque viziata da fuorigioco). Ma la valanga biancoceleste finisce per non essere più arginata e, su una cattiva lettura di Zelewski, Zaccagni al 65' di piatto fa centro segnando la nona rete in campionato. Esplode l'Olimpico biancoceleste che due minuti dopo viene ammutolito da una autorete di Casale su punizione di Pellegrini toccata di testa da Pellegrini e respinta da Provedel sul corpo del compagno di squadra. Stavolta è l'altra curva a scatenare la sua gioia ma l'arbitro dopo il consulto del Var annulla per un fuorigioco di Smalling. E' come un secondo gol per la Lazio che moltiplica il proprio coraggio e spinge ancora in avanti. La Roma che dopo aver subito la rete, ha messo in campo Abrajam per Belotti e Matic per Wijnaldum, si affida alla forza dei nervi, Pellegrini si mette la squadra sulle spalle e ci prova con un muro da lontano fuori misura. Ma la Lazio è disciplinata, attenta, non si fa prendere dalla paura e porta a casa la vittoria che la fa volare in alto e sognare sempre di più.