Il caso
Zaniolo, il retroscena: "Chi non ha voluto incontrare"
L’ipotesi Milan sfumata, il rifiuto al Bornemouth (non presentandosi alla cena di cortesia con i dirigenti), prima del dietrofront ma del cambio di idea del club inglese che ha scelto di prelevare Traoré dal Sassuolo. Insomma un vero disastro per Nicolò Zaniolo, scaricato da Mourinho e dai tifosi (che lo hanno inseguito sotto casa), prima di tornare a La Spezia dai genitori e di staccare un po’ la spina, valutando anche cause per mobbing contro la società giallorossa. Nonostante la lunga lettera inviata all’Ansa, nel quale si è detto pronto a "tendere una mano”, la Roma ha reagito con freddezza dinanzi al tono conciliante del giocatore, una novità assoluta rispetto alla determinazione con la quale aveva chiesto di andar via. Per il club il giocatore è fuori rosa: si allenerà da solo e il segnale dell'armadietto spostato a Trigoria è la conferma ulteriore della posizione assunta dalla società.
Zaniolo, i due motivi che non sono andati giù alla Roma
Ci sono quindi un paio di aspetti in quella lettera che alla dirigenza Friedkin non sono piaciuti. Il primo, fondamentale: la proprietà attendeva le scuse del calciatore. Scuse che in realtà non sono mai arrivate immaginando però di poter essere ugualmente "a completa disposizione della famiglia Roma". Per la serie: incontriamoci a metà strada, ipotesi che la società non considera possibile alla luce dell'atteggiamento del giocatore. Il secondo fa riferimento al comportamento di Zaniolo, nel periodo più caldo della trattativa e dei contatti che la Roma aveva intessuto con il Bournemouth. Il neo proprietario è Bill Foley, con il quale i Friedkin hanno un rapporto diretto e più ancora lo hanno avuto per trovare la quadra dell'operazione. La scelta del calciatore di disertare l'incontro con la dirigenza inglese è una cosa che il presidente s'è legato al dito, più ancora dell'aver rifiutato il trasferimento.