L'analisi
Juve e Milan in crisi: cosa manca a entrambe
La prima differenza tra Milan e Juventus è che i rossoneri si sono accorti di essere in crisi, i bianconeri invece no. “Merito”, se così si può dire, di Pioli che ha prontamente ridimensionato gli obiettivi stagionali, evitando false illusioni che porterebbero il motore del Diavolo a ingolfarsi. Il massimo a cui il Milan può ambire è la Champions, vitale per sopravvivere a certi livelli. Il cambio di registro non è un venire meno alle responsabilità ma un accettare la cruda realtà prima che il danno sia irreparabile. Pioli ha capito che di male, il Milan, se ne sta facendo già da solo. Non serve infierire.
Diversa è stata la gestione di Allegri, che non si è accorto di dover ridimensionare gli obiettivi nonostante la penalità. Anziché trascinare subito la Juventus sul nuovo pianeta, abituandola all’idea di una seconda parte di stagione di sofferenza nei bassifondi della classifica, ha alzato l’asticella sbandierando ambiziose tabelle di marcia per la Champions. Non ha notato che la Juve è più vicina alla retrocessione che alla grande Europa? O ha preferito fare finta di niente? In ogni caso ha illuso i suoi calciatori che, per forza di cose, sono crollati alla seconda difficoltà (il Monza). Alla prima (l’Atalanta) avevano spontaneamente reagito di nervi, come era normale che fosse.
Così Allegri, in ritardo di una settimana, si accorge di dover indicare nella salvezza il nuovo obiettivo. Aveva anche annunciato che l’unico modo per sopravvivere sarebbe stato dedicarsi di più alle questioni di campo: ecco, il primo a doverlo fare è lui, visto che il caos tattico regna sovrano nella Juventus. Alla crisi, gli allenatori rispondono in modo diverso. Anche in campo. Pioli non cambia nonostante la mole di gol subiti (18 nelle prime 7 gare dell’anno), proteggendo i dogmi che l’hanno reso campione d’Italia. Ma un allenatore è grande quando sa mettere in discussione se stesso. Per un Pioli che non cambia mai c’è un Allegri che cambia troppo. Sono cinque le variazioni di modulo nell’arco della sola partita contro il Monza: dal 3-5-2 al 3-4-3, passando per il 4-3-3, il 4-2-3-1 e il 4-4-2, i giocatori sono sballottati da una fascia all’altra, da un ruolo all’altro, da un compito all’altro. Il profeta del “calcio semplice” complica la vita ai suoi calciatori, infatti anche nel caso della Juve impressionano i gol incassati di recente dopo i mesi da difesa di ferro: ben dieci nelle ultime tre di campionato contro Napoli, Atalanta e Monza.
Quest’ultima per inciso ha dimostrato come si possano ottenere risultati istantanei investendo su allenatori giovani e capaci: un’idea di casa Berlusconi. La dirigenza brianzola ricorda anche come Pioli e Allegri abbiano delle colpe ma non possano cancellare i tanti, troppi errori commessi sopra le loro teste. I direttori rossoneri e bianconeri hanno più di una responsabilità nelle crisi. Quelli del Milan hanno sbagliato il mercato per il concetto prima che per i nomi. Perché un conto è investire per vincere in futuro, un altro è spendere per confermarsi campioni. Ha poco senso scegliere la prima strategia quando si ha già una squadra giovane con margini di crescita, meglio cementare il successo per aprire un ciclo. Gli errori dei vecchi direttori della Juve, invece, sono finiti in procura, ma gli eredi finora non hanno fatto molto meglio: Paredes, Pogba e Di Maria saranno anche arrivati a parametro zero o in prestito ma guadagnano cifre astronomiche per il contributo che stanno offrendo. Qui serviva investire come ha fatto il Milan perché non c'era alcunché da conservare. Scelte opposte ugualmente sbagliate.