Verso l'egemonia

Cristiano Ronaldo in Arabia? Inquietante: "Che piano islamico c'è dietro"

Carlo Nicolato

«Credo che la nuova Europa sarà il Medio Oriente», diceva nel 2018 il principe saudita Mohammed Bin Salman alla platea del forum Future Investment Initiative a Riad, «in cinque anni il regno dell'Arabia Saudita sarà completamente diverso» e così tutti gli altri Stati del Golfo, compreso il Qatar, «nonostante le differenze che ci dividono». Ebbene 5 anni sono quasi passati, tante cose nel frattempo sono successe, e il regno saudita non è un Paese completamente diverso, e nemmeno lo sono i Paesi del Golfo. Il Medio Oriente non è certamente la "nuova Europa", e non lo diventerà mai, manca una cultura e una civiltà fondate su millenni di storia, ma è sulla buona strada per sostituirla almeno economicamente, per soppiantarla nella crescita e negli investimenti che già stanno umiliando le nostre povere economie in affanno.

 

 


L'idea di Mohammed Bin Salman in fondo non è poi così lontana dalla realtà ma non è certo merito suo, del suo programma Saudi Vision 2030, o delle politiche del suo Paese o di quelli attorno: l'eventuale contrappasso storico starebbe piuttosto nel suicidio assistito politico ed economico che l'Europa, e in parte tutto l'Occidente, volente o nolente sta mettendo in atto da qualche anno a questa parte. E del quale il Medio Oriente sta opportunamente approfittando grazie al suo petrolio. Tra gli scroscianti applausi nel 2018 il principe parlava del Pil del suo Paese in crescita del 2,5% e sosteneva che nei prossimi anni sarebbe stato anche meglio, una cavalcata che avrebbe portato l'Arabia a cambiare drasticamente nell'arco di poco tempo. Nel 2019 il Pil però è calato allo 0,3%, l'anno successivo, quello del Covid, è sceso di 4 punti, nel 2021 è tornato a salire di oltre il 3%. Ma è stato con quello appena trascorso che le cose sono drasticamente cambiate e in cui Bin Salman si è convinto che fosse finalmente giunto il momento di saggiare il peso del suo potere.


MBS SI MONTA LA TESTA
Certo, l'inflazione, la guerra in Ucraina che ha fatto schizzare il prezzo del petrolio, tutto quello che volete, ma il Pil saudita nel 2022 è salito, secondo le ultime stime, dell'8,5%, con punte dell'8,8% nel terzo trimestre. Nessuno ha fatto meglio al mondo, nemmeno l'affannata Cina, e il principe si è giustamente montato la testa. Si è perfino permesso il lusso di trattare Joe Biden come fosse il capo di Stato di un Paese qualsiasi, di umiliarlo rifiutandosi di abbassare il prezzo del petrolio che era quello che il presidente americano aveva richiesto con la sua discussa visita a Jeddah. In compenso solo un mese fa ha accolto nella capitale il presidente Xi Jinping con tutti gli onori facendo chiaramente capire che d'ora in poi l'Arabia Saudita deve essere trattata come un Paese pari e totalmente indipendente, e non più un satellite degli Stati Uniti, un Paese capace anche di riposizionarsi nello scacchiere mondiale a seconda della sua convenienza e non di quella di Washington.

 

 


Il 2022 è stato anche l'anno del Mondiale in Qatar, simbolo di una sostituzione Europa-Medio Oriente che a livello calcistico è già avanzata. A tale trionfo degli odiati vicini qatarioti, i sauditi hanno risposto con l'acquisto di Ronaldo, esempio vivente della "Nuova Europa" del Golfo costruita con i miliardi del petrolio. E il 18 gennaio a Riad si gioca la Supercoppa italiana, fra Milan e Inter. In mancanza di quella civiltà millenaria che ha edificato il Vecchio Continente, Riad si è comprato un Leonardo Da Vinci del pallone, nell'illusione che un dribbling valga la Gioconda e che attorno alla stella portoghese possa nascere il Rinascimento saudita. Inutile dirlo, la forza dell'Arabia Saudita, e di tutti i Paesi del Golfo, rimane ovviamente il petrolio (e il gas nel caso del Qatar), ma è anche l'anello debole del piano di Mohammed Bin Salman che conta di sganciare il suo Paese dalla dipendenza dell'oro nero in pochi anni.


PETROLIO
Il Saudi Vision 2030 punta sulla diversificazione dell'economia, conta di sviluppare settori dei servizi pubblici come sanità, istruzione , infrastrutture, attività ricreative e turismo. Si prefigge di trasformare il Paese rendendolo, oltre al «cuore del mondo arabo e islamico», una potenza di investimento globale e l'hub che collega l'Africa e l'Eurasia. «Un Paese completamente diverso» che però a oggi, nel 2023, dipende ancora per il 75% dai suoi pozzi.