Il pirata
Marco Pantani, il documento inedito sulla sua morte: cambia tutto?
Mattei e Pantani. Due giganti con due storie diverse e distanti ma legate da un filo rosso. Sport e politica, doping e petrolio. In un qualunque paese al mondo le due vicende non si potrebbero accomunare. In Italia invece sì, perché troppi morti sono misteri e troppi misteri nascondono morti eccellenti. Ancor oggi la vulgata ritiene che Enrico Mattei, fondatore dell'Eni, l'uomo del riscatto economico italiano attraverso il sovranismo energetico, sia morto in un "incidente aereo". Non è bastata un'inchiesta della magistratura che nel 1996 ha sancito come la sua fine sia dovuta, senza alcun dubbio, ad un "attentato dinamitardo".
Quarant'anni dopo, in un'altra Italia, una vicenda diversa e uguale. Nel 2004 il campione di ciclismo Marco Pantani viene trovato morto nella camera d'albergo di un hotel di Rimini. Secondo Wikipedia: «Le circostanze della morte di Pantani, al pari di quella della sua esclusione dal Giro d'Italia del 1999, sono ancora oggetto di dibattito». Non così per Davide De Zan che firma con il libro "Pantani per sempre" (edizioni Pienogiorno), una seconda inchiesta sulla vita e la morte del più amato dei campioni del ciclismo moderno. Un'indagine approfondita e puntuale come nello stile di De Zan a cui si devono le più importanti rivelazioni sulla tragica fine del Pirata a quasi diciotto anni dalla sua morte, anzi dal suo omicidio. Leggendo le pagine del libro si capisce perché l'amore per il campione di ciclismo romagnolo non accenna a finire. Ed emerge anche la rabbia e l'incredulità per come si voglia negare la verità. Ci troviamo davanti alla storia di un uomo fortissimo e sensibile, «un fiore d'acciaio» come viene efficacemente definito. La storia dell'ultimo eroe del ciclismo romantico, del più grande scalatore di tutti i tempi.
Nel libro c'è anche la storia dell'uomo ucciso due volte. La prima alla tappa di Madonna di Campiglio nel giugno 1999 quando i carabinieri misero (di fatto) fine alla sua carriera per un'accusa di doping. La seconda morte è quella sopraggiunta in un residence di Rimini nel giorno di San Valentino del 2004. De Zan, prendendo il testimone del padre Adriano, ha raccontato Giri d'Italia, Tour de France ma anche i più grandi avvenimenti sportivi degli ultimi quarant' anni, ma alle telecronache ha aggiunto le qualità di cronista. Un segugio che non ha mai mollato allineandosi in questo a mamma Tonina, al papà Paolo e ai veri amici di Marco. Un'ostinazione che ha portato a nuovi capitoli nell'inchiesta sulla morte di Pantani, ad altre verità scomode, a nuove sconvolgenti pagine.
Scrive De Zan: «Qualche anno fa ho aperto un percorso sulla strada della verità, per tutti quelli che avessero voglia di osservare più a fondo la storia di un campione e di un uomo che ci aveva lasciato troppo presto, e con troppi perché. Allora non potevo raccontare tutto ciò che sapevo, perché c'era un'inchiesta giudiziaria ancora aperta. Molti di quei documenti li trovate invece in queste pagine...». Attendendo, come per Enrico Mattei, che un giorno un giudice a Berlino...