Addio, Re

Roger Federer, Filippo Facci: ecco perché è il giocatore più forte di sempre

Il tennis ha smesso di giocare. Adriano Panatta - il più grande tennista che abbiamo avuto in Italia, per ora usa chiamare Roger Federer proprio così, «il tennis», essenzialmente «per la bellezza», ci ha detto ieri al telefono. Bellezza del gioco, del gesto, delle scelte, della figura unica - che ha fatto da ponte generazionale tra gli estrosi di ieri e i pallettari di oggi.

Poi Panatta  ci ha ripetuto altre cose che aveva già detto, e non perché siano banali, ma perché sono evidenti: ossia che ad annunciare ufficialmente il ritiro dall'attività, ieri, è stato il giocatore perfetto, quello che gioca meglio al mondo non di quest' epoca, ma di sempre. Usiamo il presente perché un torneo d'addio pare voglia ancora concederlo.

E non è neanche importante se abbia vinto o avrà vinto più tornei di chiunque, infine: Federer non è «The Goat» (acronimo di Greatest Of All Time) per banali ragioni di pallottoliere, anche se più soldi di lui non ne ha fatti nessuno, nel tennis, ma lo è perché per descriverne l'inesistente perfezione non sai da che parte cominciare.

Il dritto? In teoria è indicato come il suo colpo migliore, tanto che si volta e lo cerca per chiudere e portare a casa lo scambio: e spesso è giocato in anticipo e quindi di rimbalzo o controbalzo, come a ping pong, bruciando i tempi e la reazione dell'avversario; forse solo John McEnroe sapeva fare qualcosa del genere, posto che su McEnroe, su Federer, ha la stessa opinione di Panatta.

IL ROVESCIO
Il rovescio? Stessa cosa: trovatene uno che lo giochi meglio di controbalzo (qui non viene neppure un paragone) e negli ultimi anni l'abbia giocato indifferentemente all'antica, difensivo, col taglio dall'alto verso il basso, sia aggressivo in top-spin o piatto di controbalzo, come ha insegnato Bjorn Borg: ma Federer lo ha sempre fatto con una sola mano, come una volta, com' è più bello e armonico ed elegante da vedere, oltre che meno faticoso, perché è qui che si ritorna sempre: sull'eleganza del gesto.

Poi che parliamo? Del gioco al volo, sotto rete? Ma di che parliamo, appunto: volèe di dritto e di rovescio giocate perfettamente nello stesso modo, poi negli ultimi anni giocava ancor più d'attacco per accorciare gli scambi e non affaticarsi troppo, visto che andava per i quaranta (Borg ha smesso a 26) e il sudore non si confà alla sua figura.

Ecco, questo l'hanno sempre raccontato tutti, avversari, addetti ai lavori, pubblico: c'è questa cosa per cui Federer non suda. Mai. Non una macchia sulla maglia, un riverbero sulla fronte, niente che non faccia e o facesse pensare che avesse appena cominciato la partita quando magari era finita al quinto set dopo altrettante ore. Il paragone tra lui e l'avversario, mentre si stringevano la mano alla fine, è sempre stato impietoso. Federer, peraltro, per definizione non si sporca. Non cade. Non si è mai tuffato, da quanto ricordiamo: non è nel suo stile. Palline non raggiungibili non ha mai cercato di raggiungerne.

Probabilmente - pensiamo noi - aveva un accordo per poter scegliere personalmente il vestiario o farselo confezionare dallo sponsor: più di due colori addosso, comprese scarpe e racchetta e fascia, non li ha mai messi, e questo andrebbe spiegato alla generazione dei giovanissimi Sinner e Alcaraz e vari arlecchini che sembrano sempre usciti da un outlet.

Poi però adesso non possiamo continuare con l'elenco dei colpi, perché in pratica sono tutti i colpi del tennis, guardatevi uno dei tanti repertori su youtube: dalle palle corte (smorzate) annichilenti al servizio che sembra un videogame, con un movimento che è quello preciso che tutti i maestri di tennis insegnano ai corsi (ma anche Panatta su questo non scherzava) e che è lo stesso movimento che tutti gli allievi presto dimenticano, personalizzano: un mulinello perfetto (ridaje) per vari tipi di servizi, senza mai colpire pazzescamente forte, neppure quando faceva gli ace, e tanti, tanti ne ha sempre fatti.

Il fisico? Forte e resistente, con un fisico più da indossatore che da palestrato, spalle dritte senza senza esagerare in nulla e ridacchiando delle diete allucinanti alla Djokovic, uno che beve acqua calda: Federer faceva la pubblicità della pasta e non è che di nascosto mangiasse un'insalatina. Scommessa: tra cinque anni, quando tutti quelli che hanno smesso tendono a ingrassare, lui sarà uguale a ora. Sorridente. Flemmatico. Umano perché comunque incline all'inciampo nel demenziale (lo sa bene il suo nemico-amicissimo, Nadal) e quindi mai temibile.

Ecco, anche qua: Panatta ha sempre detto che Federer non sapeva essere impietoso, cattivo, figlio di puttana nell'uccidere l'avversario in difficoltà e chiudere le partite. Vero. Perché? Perché non è elegante, we suppose. I principi e gli aristocratici, almeno in pubblico, concedono la grazia. E ogni tanto perdono qualche partita, rimpiangono qualche match point: perché Federer mica le vinceva proprio tutte, le partite. Non le vinceva anche perché qualsiasi avversario, dal più forte al più scalcagnato, dava l'iper-massimo perché giocare contro Federer era l'occasione attesa da una vita.

LE PAROLE STANNO A ZERO
Poi che raccontiamo? Le parole stanno a zero: «È stata dura scegliere solo 10 azioni per raccontare Federer» titolava ieri Eurosport. Che raccontiamo? L'albo d'oro? Le statistiche? I trofei? Magari la solta storia del Federer che da giovane era irrequieto, piangeva, spaccava le racchette? Verissimo, ma chissà perché quel Federer non lo ricorda nessuno, o lo inseriscono nel percorso fisiologico di chi, poi, è divenuto il contrario di se stesso ma senza mai perdere un'oncia della sua cifra: la classe. Ma ci sarebbe un sacco di altra roba da dire a da scrivere, tanto non ci sta. La moglie, sua insopportabile manager, pure bruttarella. I tanti figli. Il mecenatismo. Il fascino esercitato anche su chi, del tennis, se n'è sempre fregato. La frustrazione di qualche suo avversario pure formidabile, unico. Soprattutto, il mistero del come appartenere a una maggioranza - gli ammiratori incondizionati di Roger Federer - non abbia mai fatto sentire conformisti o scontati, facili passeggeri del carro del vincitore che vinceva tutto. Federer ha sempre creato una sorta di magico compiacimento del ritrovarsi d'accordo, tutti, perlomeno su una cosa, e nonostante ogni cosa: era il più grande di sempre. Lo è ancora.