Parabole
Willy Gnonto, eroe dimenticato: uno strano caso, ecco che fine ha fatto
Con la stessa rapidità con cui, oplà, scatta, dribbla e sguscia via lasciando sul posto chiunque cerchi di fermarlo, Wilfried Gnonto è apparso e subito scomparso - come fosse un piccolo Houdini - dal calcio dei campioni e dei riflettori. E dal mercato. Già, ricordate lo stupore di tutti noi amanti del pallone quando, lo scorso maggio, il ct Mancini chiamò a sorpresa in Nazionale questo 18enne sconosciuto, dallo sguardo simpatico, dal culo basso e dal curriculum praticamente vuoto? Chissà che ci fa un giocatore dello Zurigo (più riserva che titolare) tra i nostri azzurri famosi e strapagati, ci siamo chiesti. E abbiamo osservato il ragazzino con sospetto e severità, condizionati anche dalla rabbia per la fresca e vergognosa eliminazione dai Mondiali. Poi Mancini, un po' per disperazione e un po' per arroganza, ha deciso addirittura di farlo esordire (a 18 anni e 7 mesi) contro la Germania in Nations League e di riproporlo con Ungheria, Inghilterra e ancora Germania. Risultato: dribbling, strappi, subito un assist e perfino un gol da record (più giovane marcatore della storia azzurra).
IL CLAMORE MEDIATICO
Tanti applausi, clip, clap. E, ovviamente, l’Italia - del pallone ma non solo - forse stufa di Covid e guerra, si è aggrappata morbosamente alla novità, ha trasformato un ragazzo semplice in un personaggio pompandolo sui media e sui social, dalle origini della famiglia (è nato a Verbania da genitori originari della Costa d’Avorio, ma è cresciuto a Baveno) ai suoi esami di maturità (liceo scientifico). E ancora, editoriali, analisi e commenti tattici per raccontare e raccontarci che è nata una stella e che il ct ha scoperto un altro predestinato, che in attacco finalmente la nazionale ha qualcuno su cui puntare e chissà quale sarà il club capace di aggiudicarsi questo nuovo fuoriclasse.
Appunto, il mercato. Nel giro di pochi giorni Gnonto - il cui valore è schizzato da 4 a 12 milioni - è stato virtualmente venduto al Torino, al Sassuolo, alla Fiorentina, al Bologna, al Monza, all'Hoffenheim e al Friburgo. Tutte balle. Perché dopo due mesi Wilfried è ancora là, nella tranquilla Svizzera. E gioca ancora (ma non sempre dall'inizio) con lo Zurigo, che in campionato è partito male (un solo punto in tre partite) e che fatica a fare gol (ma ieri ha segnato il 2-0 nel preliminare di E-League contro il Linfield). Dall'Italia, invece, il silenzio. Nessuno cerca più più il baby azzurro, nessuno lo corteggia, nessuno lo vuole e le uniche voci di mercato, ora che il suo valore si è riabbassato a 9 milioni, riguardano solo Spagna e Olanda.
PREGI E DIFETTI
Sedotto e abbandonato, ma perché? Costa troppo o non è bravo come abbiamo creduto? La verità, come sempre, sta in mezzo. Nel senso che Wilfried è giovane e veloce, vero, ma ha grossi limiti fisici (viene sovrastato facilmente) e - per ora - di adattabilità: a sinistra è a suo agio, ma se impiegato centralmente o a destra perde punti di riferimento e sparisce. Certo, può migliorare perché è intelligente e serio, un ragazzo determinato che ha le idee chiare («Andare in una grande squadra? No, preferisco giocare titolare in una piccola», spiegò dopo il clamore dell'esordio azzurro), ma non è un campione. Per questo i grandi club, soprattutto alle cifre chieste dallo Zurigo e in un mercato con pochi quattrini in circolazione, non si sono mossi e per questo, ai tempi, l'Inter che lo aveva nel settore giovanile scelse di non insistere quando si rifiutò di firmare il primo contratto professionistico. E la Nazionale? C'è da capire se Mancini, almeno lui, continuerà a dargli fiducia: il ct l'ha portato alla ribalta, l'ha lanciato, l'ha coccolato quando nessuno lo conosceva forse vedendo in lui qualità che altri ignoravano o forse sperando in un nuovo Zaniolo - e non può abbandonarlo così facilmente. Anche se il boom con la maglia azzurra, per Gnonto, finora è diventato un boomerang.