Violenze

Arianna Fontana fa i due nomi, "chi voleva farmi male in allenamento e come mi minacciavano": choc, ecco i "bulli azzurri"

Lorenzo Pastuglia

Chi la faceva cadere in allenamento? Ora Arianna Fontana fa i nomi, direttamente in un’intervista al Corriere della Sera: “Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli”, ha detto l’olimpionica, che a Pechino si è presa l’oro nello short track 500 m, prima di due argenti nella 1.500 m e nella staffetta mista 2.000 m. Per poi aggiungere: “Loro si misero a fare tracce pericolose davanti a me, cambi di direzione, acceleravano e deceleravano. Roba pericolosa. Parlottavano, era palese a tutti: volevano farmi cadere — ha aggiunto Fontana —. Diventavano sempre più aggressivi, io mi tenevo a distanza, poi ho finito l’allenamento, me ne sono andata. Alla riunione tecnica del giorno dopo, hanno poi ammesso: non ci sta bene che ti alleni con noi”.

 


Se Cassinelli poi ha smesso, “Dotti ha continuato con i suoi giochetti per tutta la stagione — ha aggiunto la Fontana al Corsera — Ogni giorno mi svegliavo con l’angoscia e il mal di stomaco, chiedendomi: ‘Oggi cosa succederà? Cosa faremo io e Anthony di sbagliato?’”. Prima del fatidico contatto tra lei e Dotti: “Andai dritta contro le balaustre a 50 all’ora, la caviglia si gonfiò — ha detto l’olimpionica lombarda —. A Salt Lake City, in Coppa del Mondo, per precauzione rinunciai alla staffetta. Andrea Gios mi mandò a dire che o partecipavo oppure facevo le valigie”. 

 

 

E qui partono le critiche al presidente della Federghiaccio: “A Pechino, ha detto che i ragazzi sono gli sparring partner ideali per crescere, che dovrei ringraziarli — ha detto critica la Fontana — Quindi il contatto in piena velocità con un uomo che pesa 20 chili più di me sarebbe utile? Ma di cosa stiamo parlando…?”. In Giappone, poi, “Dotti ci ha riprovato — ha spiegato ancora l’olimpionica — Ha accelerato, io ho imposto la traccia in modo da bloccarlo, a fine allenamento le altre azzurre sono venute da me a congratularsi”. La lombarda, nell’intervista, ha parlato di ambiente “tossico: nel linguaggio, nei pensieri, negli atteggiamenti da bulli di certi colleghi. Tutti hanno paura di esprimersi, ci sono giovani appena entrati in squadra che vogliono già smettere”. Poi il pensiero finale su Milano-Cortina 2026: “Io ci vorrei arrivare — ha concluso al Corsera — chiudere ai Giochi italiani come ho iniziato sarebbe una favola, ma altri quattro anni così non li faccio”.