Dramma
Novak Djokovic "a un passo dalla morte sportiva": dalla Serbia l'indiscrezione drammatica, cosa può travolgerlo
“Dragoslav Sekularac, detto Seki, il Garrincha serbo degli anni 50 e 60, e Dragan Dzajic, leggendaria ala sinistra della Stella Rossa di Belgrado degli anni 60 e 70, sono l'emblema del calcio che muore nella bellezza: sublimi per tecnica e inventiva, fuoriclasse ammirati in tutto il mondo, hanno mietuto successi in patria ma fuori di essa non sono mai riusciti a vincere niente”. Esordisce così Sandro Veronesi con un suo commento sul Corriere della Sera, dove continua stroncando letteralmente Novak Djokovic, che non ha potuto giocare gli Australian Open per essere un no-vax. Il serbo “alla bellezza ha sempre rinunciato, sostituendola con una disumana solidità fisica e psicologica. Se Federer, magari, può dire che non gioca contro gli avversari ma contro le palline, lui, al contrario, ha sempre mirato a schiantare mentalmente i giocatori che trovava di là dalla rete”.
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“Djokovic a un passo dalla morte sportiva” - Ma oggi Djokovic “è probabilmente a un passo dalla morte (sportiva), lontano mille miglia dalla bellezza. Il Vangelo di Marco (7, 14-15) riporta questo insegnamento di Gesù: ‘Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa corromperlo; è ciò che esce da lui che lo corrompe’. Bastava un prete che gli spiegasse bene questo passo, e Djokovic avrebbe potuto evitare la batosta che, a 34 anni, dopo aver perso gli ultimi due tornei individuali disputati (Giochi Olimpici e US Open) nonché la Coppa Davis all'inizio di dicembre, potrebbe porre fine alla sua storia di vincente. Per paura di corrompere il proprio corpo facendovi entrare un vaccino, ha fatto uscire da esso tutto il peggio che un uomo possa mostrare di sé: arroganza, protervia, mendacia, superficialità, egotismo, sprezzo delle regole”.
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Circondarsi di persone migliori - E ancora Veronesi sul Corriere scrive così, riprendendo il sofferto tema-vaccini che “lo schiaccia (a Djokovic, ndr), rendendogli molto più difficile di un mese fa fare la cosa giusta; poiché se un mese fa bastava dire ‘Dato che non intendo vaccinarmi, non posso venire in Australia a difendere il titolo conquistato l'anno scorso, lo stabilisce una legge che considero ingiusta ma che pure rispetto’, oggi deve dire ‘la lezione che ho ricevuto mi ha aperto gli occhi, mi scuso con tutti per il comportamento inqualificabile che ho tenuto in queste settimane, mi considero rinato e spero che questo mi renda degno di continuare la mia carriera’. E un consiglio finale del giornalista sempre rivolto al tennista: “Deve circondarsi di persone diverse, che sappiano consigliarlo meglio — conclude — ad esempio di non mettersi de capoccia contro il Paese del mondo più violentemente duro e sordo a qualunque ragione nel regolare l'ingresso degli stranieri entro i propri confini”.