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Sassuolo, alle origini del miracolo firmato De Zerbi: in Serie A c'è una nuova Atalanta?
Roberto De Zerbi lascerà il Sassuolo a fine stagione (per lo Shakhtar) perché «l'apice è stato raggiunto». Ha ragione: per il secondo anno consecutivo vincerà lo "scudetto delle squadre normali", ovvero l'ottavo posto sotto le sette grandi. Potrebbe addirittura superarne una, la Roma, all'ultima giornata e raggiungere l'Europa: sarebbe l'apoteosi. Il Sassuolo non finisce con De Zerbi ma con quest' ultimo è di certo migliorato: un conto è raggiungere il sesto posto, come con Di Francesco nel 2016/17, e rischiare la retrocessione l'anno successivo, un altro è stabilirsi ad alta quota.
Così il Sassuolo è diventato l'altra Atalanta, il secondo modello di riferimento per tutti i club italiani: non ha compiuto il grande salto ma è un esempio di gestione sportiva e aziendale di pari valore. Negli ultimi quattro anni, tre dei quali con De Zerbi, ha chiuso il bilancio in negativo solo una volta. Quale? L'ultima, condizionata dalla pandemia con gli stadi chiusi. In negativo, poi, per modo di dire: la perdita nel 2020 era pari a 1,7 milioni su un fatturato di 121,2. Un dettaglio. Vuol dire che il modello è sostenibile come conferma anche il monte ingaggi, il tredicesimo della serie A con 35 milioni, meno di Fiorentina, Torino, Cagliari, Bologna e Genoa tra quelle alle spalle in classifica. La finale di Coppa Italia, come fu per la Supercoppa, si giocherà al Mapei Stadium. Spesso criticato per il terreno anche dallo stesso De Zerbi, lo stadio di Reggio Emilia si sta elevando a punto di riferimento per gli impegni nazionali. Non lo sarebbe se il Sassuolo non fosse stato lungimirante: il compianto patron Squinzi lo comprò infatti nel 2013, all'indomani della promozione in A, scommettendo su un futuro nella massima categoria, o meglio, sulla propria capacità di guadagnarselo. Scommessa vinta: a parte il 17esimo posto del primo anno, il Sassuolo non ha mai più sfiorato la B perché ha saputo abbinare un modello finanziario alle idee di De Zerbi.
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Non a caso, il candidato alla successione è Italiano, che ne condivide i princìpi di gioco: il patrimonio è da salvaguardare. Quando arrivò De Zerbi, tre anni fa, il Sassuolo si allenava allo stadio comunale Enzo Ricci, dove la squadra disputava le partite casalinghe fino al 2008, anno della salita in cadetteria. Il progetto per un nuovo centro di allenamento, però, era già avviato e da ormai due anni il Sassuolo si allena nel Mapei Football Center: 45mila metri quadri, sei campi, tre strutture, materiali ecosostenibili. Rispetto all'Atalanta, forse, mancava il supporto del vivaio. La prima squadra è cresciuta troppo velocemente, ci è voluto tempo per allineare il settore giovanile.
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Raspadori è il frutto di questa semina: selezionato a 9 anni, ora è centravanti titolare della prima squadra e precoce capitano (ha 21 anni), nonché prototipo dell'attaccante contemporaneo che in Italia non si era ancora visto. Lo terrà, il Sassuolo, perché possiede l'altro astro nascente dell'attacco: il 22enne Scamacca, di ritorno dal prestito al Genoa, è valutato 30 milioni e sarà la plusvalenza che tiene in vita il progetto. Se quest' ultimo è colonna dell'Under 21, Raspadori ha bruciato le tappe ed è diventato uno dei tre convocati neroverdi da Mancini per il ritiro pre-Europeo, assieme a Locatelli e Berardi: quanti quelli dell'Inter campione d'Italia (Bastoni, Barella, Sensi) e della Lazio (Immobile, Acerbi, Lazzari), più di Atalanta (Toloi e Pessina) e Milan (Donnarumma), meno solo di Juve, Napoli e Roma (4). Vuol dire che il Sassuolo è una grande, e di certo è la più grande tra le piccole.
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